
Warrior – Per Cosa Combattiamo
In questo film di O’Connor, due fratelli si trovano a competere in un torneo di Mixed Martial Arts (un incrocio di pugilato, lotta libera e greco-romana, e thai-boxe). Per il maggiore dei due, Brendan (Joel Edgerton), è l’ultima possibilità per salvare la sua casa dal pignoramento: aveva infatti lasciato questo sport per dedicarsi all’insegnamento della Fisica ed alla famiglia. Per il minore Tommy (Tom Hardy), è l’ultima cosa che gli è rimasto: ex bambino prodigio, ex marine, senza una famiglia. Tra i due, il padre Paddy (Nick Nolte), reo di aver sfasciato la famiglia per problemi di alcohol e per egoismo.
A prima vista, Warrior sembra un mix (proprio come lo sport di riferimento) di Rocky (c’è anche una strizzatina d’occhio ad Ivan Drago), Karate Kid ed un qualunque film di Jean-Claude Van Damme, in realtà nasconde molto di più. Il sudore, il sangue, la violenza molto esplicita di uno sport altrettanto esplicito, i corpi coperti di tatuaggi e martoriati dai colpi; facciamo tutto per la motivazione, la motivazione ci spinge, ci nutre, perché quello che facciamo alla fine è quello che siamo.
Ognuno di noi trae motivazione dentro di sé e dalle esperienze che abbiamo vissuto. Questa cosa di cui ci nutriamo ci plasma, anche fisicamente, emotivamente, spiritualmente, ma non tutto (proprio come il cibo) è buono per noi. Questo rappresenta il film di O’Connor attraverso il racconto di Brendan, faccia buona, bravo ragazzo, un po’ troppo giudice, ma sostanzialmente retto. Il suo stile di combattimento è intelligente, tattico, equilibrato; accompagnato dall’amico-allenatore e dalla musica di Beethoven. E attraverso il racconto di Tommy, enigmatico, introverso, sofferente. Uno stile di combattimento feroce, rabbioso, fulmineo. Il suo allenatore è il padre, che è disposto a mendicare briciole di affetto di questa rabbia, pur di poterlo vedere almeno per la durata del torneo; è l’unica persona che lo accompagna sul ring, e alla fine neanche lui. Nessuna musica ne accompagna l’ingresso in quella gabbia di ring, che non protegge gli altri da lui, ma lui dagli altri, capaci solo di averlo ferito dove fa davvero male.
Warrior è ben fatto da un punto di vista tecnico, fotografia, scene di combattimento, colonna sonora e commento musicale di archi, tutto veramente d’effetto. La storia è raccontata molto bene, con equilibrio senza perdere di vista né la psicologia dei personaggi né il gusto dello spettacolo (seppur non per tutti) ed è interessantissimo il parallelo disegnato attraverso Moby Dick (audiolibro ascoltato da Nick Nolte durante tutto il film) a sottolineare il confine tra ossessione e motivazione: qual è il motivo per cui combattiamo? Ne vale la pena? Uccideremo la Balena Bianca o ci ucciderà lei? Possiamo cambiare il destino? E perché vogliamo farlo?
Ultima nota di merito per gli attori Joel Edgerton e Tom Hardy, che davvero devono aver avuto una gran motivazione per fare un film provante come questo. In particolare Tom Hardy è un ottimo mix di fisicità, rabbia e tenerezza, e ha tutte le carte in regola per interpretare un grande Bane nel nuovo Batman di Cristopher Nolan. Voto: 7,5/10