The Lobster- Rituali di Ordinaria Follia

Talvolta iniziare dalla trama non solo è buon senso, ma è un must. Questo è proprio il caso di The Lobster. In un futuro o in un luogo più o meno lontano, i separati o coloro che sono rimasti single decidono di trascorrere un certo periodo in un bellissimo resort sulla costa, dove possono fare sport, varie attività ricreative e conoscere eventuali nuovi partner. Cosa c’è di strano? Che hanno 45 giorni per farlo, altrimenti vengono trasformati in un animale a loro scelta (!)… e uno dei giochi che vengono praticati nel resport è quello di andare a caccia di un altro strano gruppo: quelli di coloro che hanno scelto di rimanere single, vivendo nei boschi.

David, in particolare, (un Colin Farrell imbolsito a dovere) ha scelto di divenire, in caso di fallimento della propria ricerca di una nuova compagna, un’aragosta. Dopo un tentativo altrettanto fallimentare di convivenza, non gli resterà che scappare nei boschi ed entrare nella nuova tribù…

Ora, evidentemente e come dicevamo, la trama di The Lobster è decisamente particolare, al limite dell’assurdo, e questo rende l’operazione particolarmente ipnotica, almeno all’inizio: una voce fuoricampo, femminile (poi scopriremo di chi è) racconta delle peripezie del povero David, del suo stingere amicizia con due compagni di avventura/sventura, delle sevizie (alcune davvero crudeli) a cui viene sottoposto nella sua permanenza al resort, e di come la sua situazione non migliori così tanto passando dall’altra parte della barricata. L’opera del regista greco Yorgos Lanthimos sta proprio nel creare un vero e proprio teatro dell’assurdo dove quello che succede nella realtà, seppure distorto, appare mostruoso ma solo apparentemente diverso da quello che succede nella società contemporanea: ovvero, la parte conformista e tradizionale di ricerca di una famiglia, chi più per convenienza che per amore; e l’ostracismo riservato a coloro che decidono di non farne parte. Intendiamoci, entrambe sono tribù con rituali parimenti bizzarri: di là lo sfregamento dei genitali da parte dei camerieri per eccitare gli ospiti, piuttosto che l’assistere a spettacoli educativi sul vivere in coppia o l’ossessione nel trovare cose in comune, anche se superficiali; di là il ballare da soli, lo scavarsi una fossa e la criminalizzazione di coloro che cercano affetto reciproco. Una cosa hanno in comune: la violenza, il sangue che scorre volutamente o no (in alcuni casi eccessivamente), sublimazione di una violenza, non sempre esplicitata ma finalizzata alla sottomissione dell’individuo.

In questi casi, la domanda è sempre la stessa: bella l’idea, ma il film vale la pena o no? Un po’ come La Fattoria degli Animali di Orwell o Il Rinoceronte di Ionesco, come coniugare profondità e leggerezza in un impianto così carico di simboli? The Lobster ci riesce a metà: ottima la prima parte, come dicevamo, lo spettatore è quasi ipnotizzato da questo mondo con queste regole incomprensibili, che poi diventano più chiare e organiche: ma quando il gioco di parallelismo reale/assurdo è svelato, il film si spegne, e la seconda parte (David che entra nella comunità dei single) fa affiorare qualche sbadiglio. Ci si aspetta un climax che di fatto non arriva… e quindi, come si suol dire: il gioco è bello quando dura poco.

The Lobster, una specie di Viaggi di Gulliver nell’odierno mondo sentimentale, ha il grande pregio di una trama coraggiosa, ma alla luce dei fatti, rimane fin troppo un’opera fredda, quasi da operazione entomologica di questi strani insetti sociali che sono gli essere umani. Per fare esempi di film affini nel mood assurdo, stesso difetto di Lei di Spike Jonze, ottimamente affrontato invece in Lars e Una Ragazza Tutta Sua. Tante le immagini che rimangono sospese (l’abbattimento del cavallo all’inizio del film?), spesso si ride amaro, a volte qualche pretesa intellettualistica di troppo. Come un’aragosta: per quanto interessante, è difficile affezionarsi a questo film. VOTO: 6,5/10

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