The Judge – Robert Contro Robert

The Judge – Robert Contro Robert

È sempre un bel rischio il cambio di genere, in un mondo come Hollywood, e stavolta se lo prende David Dobkin, regista di commedie abbastanza mestieranti (2 Single a Nozze, Cambio Vita, ecc) e di serie televisive. L’idea è buona: ibridare il legal thriller, uno dei grandi classici americani, con il dramma familiare, altro filone di grandi tradizioni.

Protagonisti sono due grandi Robert del cinema, entrambi premi oscar, ovvero Robert Downey Jr e Robert Duvall, laddove il primo (Hank Palmer), Avvocato di pochi scrupoli della grande città, dovrà aiutare il secondo, Giudice rispettato e temuto nella città di provincia, a sfuggire ad una condanna per aver investito un ex detenuto. Nel durante, tante altre tematiche affiorano, come il ritorno alla città dell’infanzia, la morte della madre (che è peraltro l’occasione del ritorno a casa di Hank), i rapporti coi fratelli, il ritrovarsi con la vecchia fiamma, la malattia dei tuoi cari, il tempo che passa e che non torna più.

Come dicevamo, è sempre un problema passare da un genere ad un altro, quando il mestiere è l’unica cosa che ti sorregge, ed in effetti, è proprio cosi anche stavolta. In pratica The Judge sono due film in uno, nel senso sia di ibridazione dei due generi suddetti, sia purtroppo di durata (2h20) e dico purtroppo perché sfortunatamente The Judge manca completamente di sintesi tra i generi, e spesso trabocca di dettagli che sembrano (e lo sono) irrilevanti ai fini della storia complessiva e si limitano ad appesantirla senza un reale corrispettivo: la morte della madre all’inizio, il fratello disabile (che gira tutto quello che vede in una 8mm… inutile chiedersi perché non passa al digitale nel 2014), il flirt  quasi “edipico” con la figlia della vecchia fiamma (Vera Farmiga, sempre stupenda, ma qui completamente sperduta), tutte sottotrame che non vengono minimamente sviluppate.

In effetti, The Judge, da questo punto di vista, più che due film in uno, sembrano 2 o 3 episodi di un telefilm montati assieme, anche e soprattutto in virtù di una narrazione molto costruita “a regola d’arte” (vedi anche le battute che smorzano la tensione, molte immagini stereotipate – la fine sul lago su tutte- e le musiche tristi che “chiudono” alcune scene) e che ricorda molto serie di qualche anno fa come LA Law, In Famiglia e Con Gli Amici e, in tempi più recenti, Ally Mc Beal, dove fu protagonista chi? Ma il buon Robert Downey Jr, ovvio.

Il buon Robert, che qui gigioneggia in un ruolo costruito su misura per lui, uscendo solo per un momento dalla sua zona di comfort nella scena migliore e più emozionante del film, quando aiuta il padre nel bagno e lo fa esitando solo un secondo, prima di “sporcarsi” le mani (e non solo); per il resto, effettivamente, è proprio il confronto tra di lui e il padre Robert Duvall, l’uno alla perenne ricerca dell’approvazione e dell’amore dell’altro, il perno di tutta la vicenda e, seppur non al suo meglio, il vecchio leone cerca di non far affondare tutto il film, e quasi ci riesce. Quasi.

Menzione speciale per Billy Bob Thornton, che caratterizza il suo Pubblico Ministero, persecutore sistematico ma non crudele, con pochi ma efficaci tocchi in un processo senza particolari guizzi (eccezion fatta per la bella scena della scelta dei giurati), e per Vince D’Onofrio, sempre bravo anche in piccoli ruoli.

Per il resto? Televisivo, e non di prima fascia. Troppo e troppo poco. VOTO: 5,5/10

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