The Imitation Game – L’Enigma più Irrisolvibile di Tutti i Tempi
Sono le persone che nessuno immagina che possano fare certe cose, quelle che fanno cose che nessuno può immaginare…” è senza dubbio la frase cult del film anche per il futuro (viene ripetuta per ben 3 volte), e ovviamente mai frase è più appropriata per il protagonista storico del film, ovvero il matematico britannico Alan Turing, genio matematico, crittografo, precursore del computer moderno, omossessuale, perseguitato ed infine suicida per questo motivo, nonostante gli enormi meriti in tempo di guerra.
La storia di Turing, abbastanza nota di per sé, viene qui raccontata in un interessante ibrido tra biopic e thriller cerebrale con la risoluzione del celebre caso Enigma, ovvero la macchina che crittografava i messaggi dell’esercito nazista e che viene decodificata grazie alla macchina inventata dallo stesso Turing, (nel film da lui chiamata “Christopher” – si tratta tuttavia di una “Licenza poetica” mai esistita).
La vicenda Enigma è stata già raccontata in precedenza (nel 2001), ma senza far riferimento diretto allo stesso Alan Turing, ed in un certo senso questo film rimedia ad un grande torto del Governo Britannico, che formalizzerà le sue scuse verso il deceduto matematico solo nel 2009; a questa vengono però aggiunti due periodi della vita di Turing, l’infanzia da emarginato in una Public School inglese, e la persecuzione finale per la sua omosessualità.
Nel durante, però emerge tutta la connotazione del grande matematico come personaggio complesso, enigmatico ed indecifrabile a sua volta (anche nella freddezza di alcune scelte apparentemente disumane) come il codice che si era prefissato di risolvere: di fatto il titolo fa riferimento sia all’Imitazione della macchina tedesca da parte di quella britannica, sia a quella di una vita “normale” da parte di un omosessuale in un tempo dove ciò era legalmente perseguitato e condannata. In un tentativo di nascondere le proprie tendenze, Turing nasconde il proprio lato emotivo fino a somigliare lui stesso ad una macchina. Saranno i compagni di lavoro di Turing, tra cui Joan Clarke (con cui si fidanzerà, solo formalmente) e Hugh Alexander a farlo uscire dal guscio del suo isolamento sociale, proteggerlo dalle ingerenze dei militari e realizzare la macchina che da solo non avrebbe potuto completare. Spassosissima la scena in cui, su suggerimento della stessa Joan, prova ad ingraziarsi i compagni in modo goffo (con una mela ed una barzelletta), ma adorabile.
Per alcuni versi, The Imitation Game non potrà non ricordare A Beautiful Mind di Ron Howard, anche in quel caso, si trattava di un genio matematico (un economista in quel caso) stralunato e socialmente disadattato, e in particolar modo in una scena (in un bar mentre i colleghi tentano di decodificare il comportamento delle ragazze per abbordarle… evidentemente si tratta di un’esperienza illuminante per la maggior parte degli uomini) che sarà il punto di svolta e la chiave dell’intuizione definitiva.
Davvero un ottimo esordio in lingua inglese per il regista scandinavo Morten Tyldum che coglie benissimo la cifra stilistica del film (un po’ come c’era riuscito l’altro scandinavo Alfredsson con La Talpa), imbevuta della Gran Bretagna colori seppia degli anni della II Guerra Mondiale e sfrutta ottimamente la grande vena dei protagonisti Keira Kightley, Matthew Goode, Mark Strong ed ovviamente Benedict Cumberbatch, in stato di grazia, attore versatile dalle fattezze appropriatamente enigmatiche ed aliene, che ne fanno un Jeremy Irons in versione aggiornata. Ci azzardiamo a dire che se la gioca con Jake Gyllenhaal di NightCrawler per l’Oscar 2014 alla miglior interpretazione maschile.
Pellicola che si presta dunque a molti piani di lettura e tutti di grande profondità: Tyldum decide di narrare le complessità dell’animo in un raffinato gioco di specchi e rimandi, con una sintesi davvero ammirabile e senza mai cedere al facile melodramma. In fin dei conti, quale enigma è più irrisolvibile di quello che ci pone la nostra umanità? VOTO: 8/10