
Solo Dio Perdona – Estetica ed Ermetica
Di certo, Winding Refn non è un regista particolarmente incline al lato commerciale dello show business, e proprio quando con Drive aveva centrato un successo di botteghino, complice un Ryan Gosling in stato di grazia e attore del momento, ci propone con Solo Dio Perdona, la versione autoriale di un b-movie orientale, una storia di vendetta e faide.
Ambientato in Thailandia, la trama racconta di Julian (lo stesso Gosling di Drive), impresario di thai-boxe e esportatore di droga, il cui fratello Billy viene ucciso con la complicitá della polizia locale, dopo che lo stesso Billy aveva massacrato una prostituta minorenne. Il tentativo da parte della madre dei due fratelli (Kristin Scott-Thomas) di vendicarsi dell’ispettore Chang (Vithaya Pansringarm), porterá ad una violentissima escalation di sangue e allo scontro finale tra Julian e lo stesso Chang…
Come dicevamo, è fuor di dubbio che il regista non sia sensibile al lato commerciale della propria arte, ed in effetti Solo Dio Perdona è un film decisamente ostico, per non dire ermetico, a chiunque cerchi di capire appieno la trama che, seppur semplice che più semplice non si può, vive di momenti non sempre comprensibili, ma che, nella ricercatezza estrema di un’estetica tesa a cristallizzare la realtá in istanti separati, a volte sovrapposti, ne rappresentano probabilmente il fine ultimo. La fotografia, con il design geometrico che incornicia le scene come in un fumetto ed evidenziando i colori primari (rosso in primis) su sfondo nero, è di certo l’aspetto che colpisce di più, insieme alla simbologia, a volte solo intuita, che attraversa tutto il film, vedi l’ossessione di ritrarre mani e braccia, icona e strumento della violenza, spesso estrema, che appare sullo schermo. Aspetto che era giá elemento portante in Drive qui l’immagine viene evidenziata dai dialoghi scarni e talvolta surreali che vengono pronunciati dai protagonisti. In effetti il “surreale” è la sensazione dominante della pellicola, con sviluppo e scene a metá strada tra un Dalì moderno (non per niente, una delle scene più forti riguarda il taglio di un occhio che non può non far venire in mente Un Chien Andalus) e le videoinstallazioni di Bill Viola.
È anche vero però purtroppo che spesso e volentieri il tutto sfiora (temiamo involontariamente) la parodia, con qualche dialogo francamente incomprensibile (ascoltare per credere la Scott-Thomas in versione Santanchè che parla dei propri figli), e personaggi non molto credibili, su tutti l’ispettore Chang, una specie di impiegato del catasto con capacitá -apparentemente insospettabili- degne di un supereroe e con la passione del karaoke (che suscita però ilaritá in sala). In effetti, a ben guardare, il vero elemento di continuitá rispetto a Drive è lui, invincibile e vestito nello stesso modo durante tutto il film, esattamente come Driver e che, come lui, protegge una famiglia “nascosta”.
Purtroppo pure Gosling a volte dá la sensazione di non sapere esattamente cosa sta facendo, in quello che alla fine risulta essere una specie di tour-de-force per la testa (spesso ci siamo trovati a pensare… “e questo che vuol dire”?) e per lo stomaco, complici alcune scene di violenza esplicita e non sempre giustificate; e, in definitiva, Solo Dio Perdona non manca il bersaglio solo per un motivo molto semplice: non sembra averne uno. Dietro la raffinatezza del prodotto, spiace dirlo ma emerge una certa strafottenza verso chi guarda. Un bellissimo niente. (VOTO: 4/10)