
Scappa (Get Out) – Indovina Chi Viene A Cena, 50 anni dopo
Uno dei film sorpresa di questa stagione negli Stati Uniti, tematica caldissima di recente: rapporti interraziali e razzismo latente nell’America di oggi (basti pensare che negli ultimi mesi sono usciti i vari Loving, A United Kingdom, Barriere, e naturalmente il Premio Oscar Moonlight), il tutto curiosamente ad esattamente 50 anni da quello che fu uno dei film più emblematici del genere, ovvero Indovina Chi Viene a Cena, quello con Sidney Poitier e Spencer Tracy… Se i film rispecchiano lo zeitgeist di una nazione, cosa ci dice questo? C’è stato un reale avanzamento della questione razziale a stelle e strisce?
A dire il vero, un aspetto originale di questa pellicola sta nel fatto che si tratta di un horror, scelta particolare rispetto agli altri, in genere drammi sociali, e quasi sempre ambientati in un’altra epoca: il regista, il nero Jordan Peel, è lui stesso alle prime armi col genere. Chris, giovane fotografo afroamericano e proletario, sta per passare il primo weekend a casa della fidanzata, la ricca e bianca Rose. Piccolo particolare: lei non ha detto ai suoi che il fidanzato è nero, ma in fondo, il padre, lei gli dice, avrebbe votato Obama per un terzo mandato, da quanto gli piaceva. Anche se l’amico Rod lo mette in guardia, cosa potrà andare male? Ah, particolare inatteso: si profila una re-union degli amici dei genitori lo stesso weekend…
Dicevamo, ottimo e insperato successo a casa sua, questo Get Out. Dalla sua, senz’altro, dei protagonisti veramente in parte, buono il protagonista David Kaaluya e la fidanzatina Alison Williams, ma sono i genitori di lei, Bradley Whitford e soprattutto una rediviva e demoniaca Catherine Keener, appesantita dai tempi di Essere John Malkovich (quando spiava le teste altrui… piccolo indizio), ma non certo meno magnetica. E menzione speciale per la servitù di casa, Marcus Henderson e Betty Gabriel, davvero inquietanti. La trama è oltretutto davvero ben congegnata, la prima parte costruisce il climax in modo esemplare, peraltro delineando una sottotrama di satira sui benpensanti liberal e bianchi americani, piuttosto caustica: i neri gli stanno benissimo, ma se sono come Obama, ovvero neri di pelle, e bianchi di stile di vita. Neri fuori, e bianchi dentro, se preferite.
Ad essere sincero il film non è originalissimo, due su tutti i film che richiama: Society (1989) e soprattutto Rosemary’s Baby (1968), ovvero elite/caste che nascondono orribili segreti e ritualità, in genere a danno dei poveracci (cosi come anche la recente trilogia de La Notte del Giudizio, anche se con connotazioni meno sociali e più politiche), con uno sviluppo che si appoggia sul completo rovesciamento della situazione apparente iniziale prima della fine del film. Qui ovviamente la peculiarità dell’opera di Peel è l’accusa di razzismo ad un’intera cultura buonista, ma sempre razzista. Spike Lee incontra M. Night Shyamalan.
È la seconda parte che non mantiene completamente le aspettative, sfociando in un finale sì parecchio sanguinario come era giusto che fosse, ma forse troppo “telefonato”. Tutti cattivi i bianchi, tutti buoni i neri, risultando alla fine curiosamente “conservatore” come visione: i neri preferiscono i neri, i fratelli neri si salutano con “yo” e con il pugno e non la stretta di mano, e guai a mettersi con le bianche ricche.
Ad ogni modo, un thriller tirato intelligente e ben costruito. Si poteva rischare di più, ma colpisce allo stomaco e anche alla testa ed è già tanto. VOTO: 7/10