Revenant Il Redivivo – 1823 Odissea negli Spazi

Revenant Il Redivivo – 1823 Odissea negli Spazi

Dopo Birdman dello scorso, Alejandro Inarritu, regista spagnolo ormai adottato da Hollywood, sembra a detta di tutti avviato alla conquista del suo secondo Oscar, con questo Revenant… E’ davvero così? E’all’altezza del suo precedente lavoro? Ma, sopratttutto, è un bel film?

Ecco, quest’ultima domanda è importante, e ce la teniamo per la fine.

Trama: 1823, regione del Missouri, Hugh Glass (Leonardo di Caprio) cacciatore e scout, guida una spedizione con lo scopo di portare a casa quante più pelli e pellicce possibili; ma vengono intercettati da una tribù di pellerossa, alla ricerca della perduta figlia del capotribù. Se ne salvano solo una dozzina e devono inoltrarsi in territorio inesplorato: purtroppo Glass viene attaccato da un orso e quindi lasciato indietro col figlio e altri due compagni, tra cui il cacciatore Fitzgerald (Tom Hardy),  fino alla sua morte o guarigione… o una via di mezzo. The Revenant racconta  la  sua estrema, inenarrabile e solitaria odissea per tornare in mezzo ai suoi simili, e per vendicarsi di chi lo ha tradito.

Cominciamo dai punti di forza che sono davvero molti: innanzitutto la fotografia, veramente splendida, anche grazie alla magnifica ambientazione dell’Alberta Canadese, magnifici spazi selvaggi e stupendi come un paradiso terrestre, e valorizzata in modo eccellente dal regista. Ci fa ricordare molto il Terence Malick di Nuovo Mondo, ambientato circa due secoli prima, stesso paradiso naturale, ma i rapporti coi nativi erano ben diversi: qui è evidente come ormai siano deteriorati, e improntati alla violenza di due popoli, uno predatorio, l’altro tutto teso alla sopravvivenza in un mondo che sta scomparendo. Notevole come alla lentezza che accompagna le riprese della natura, si sovrappongono le cinetiche, velocissime, movimentatissime riprese degli scontri. Il film c’è da dire, è estremamente violento ed esplicito, con alcune scene decisamente non per deboli di stomaco: in particolare, lo scontro con l’orso che debiliterà Glass è la scena di uno scontro con una belva la più feroce e realistica che si sia vista sullo schermo.  Il che ci porta al secondo pregio del film: le interpretazioni di Di Caprio (probabilissimo il suo primo Oscar, fuor di dubbio) e di Hardy sono notevolissime, così come di tutto il cast che, per volere di Inarritu hanno davvero dovuto sottoporsi alle ordalie che si vedono nel film, il freddo, l’acqua gelida, il nutrirsi di carne cruda (Di Caprio è peraltro notoriamente vegetariano), dipingono come non mai l’estremo istinto di sopravvivenza di questi esseri umani, messi a repentaglio dalla natura e dai propri ferocissimi simili (con l’eccezione di una persona che però sarà ripagata nel peggiore dei modi. Ovviamente, i francesi sono dipinti malissimo in un film spagnolo-americano, anche in tempi di solidarietà occidentale). E se le scene di natura ci ricordano Malick, qui siamo nel regno di Into The Wild combinato al crudo realismo de La Passione di Cristo. Le ferite sono davvero impressionanti e per niente risparmiate al pubblico. Completa il tutto lo score musicale di Ryuichi Sakamoto, molto azzeccato e mai invadente, che si alterna perfettamente ai suoni della natura, combinandosi in modo davvero mirabile.

Allora riprendiamo la domanda inziale: è un bel film?

Ecco il problema è nella parola “bello”: se il significato è meramente estetico, The Revenant è perfetto da quasi ogni punto di vista, immagini, musica, interpretazioni. Quello che vedi e senti è un’esperienza impressionante.

Ma se per “bello” si intende l’armonia della forma con quello della sostanza, la risposta è no, puro e semplice. La trama e lo sviluppo per oltre 2h30 di film è veramente ridotta al minimo, e dopo la sesta o la settima volta dove vedi Glass strisciare, cucirsi le ferite, cadere, rialzarsi, nell’acqua gelida, nella neve, a nutrirsi di quello che trova, allora la domanda sorge spontanea: “quando finisce?”. Ci spiace doverlo dire, ma un conto è la velocità del ritmo, un conto è la varietà del racconto. Nessuno si lamenta di 2001 Odissea nello Spazio, o La Sottile Linea Rossa o C’Era Una Volta In America, perché sono troppo lunghi e lenti, perché sono esperienze sensoriale E cerebrali fuori dal comune. Qui invece, diciamo la verità, succede molto poco (incredibile ma è così), e spesso ci si trova a sperare che Di Caprio si sbrighi ad arrivare in fondo per la più classica della resa dei conti (che non poteva essere diversamente),  e per di più (vogliamo esser sinceri) un po’ scontata per come si risolverà.

Se Inarritu ha voluto sottoporre gli spettatori ad un odissea sensoriale c’è riuscito, ma in quanto ad evocazione e riflessione, molto meno. Temiamo che alla fine di tutto questo, l’unica cosa che rimarrà impressa nella memoria saranno le ferite del protagonista. Dubito che ci sia qualcuno che vorrà rivedere the Revenant una seconda volta. Redivivo si, Rivedibile no. VOTO: 6,5/10

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