
Posh – Il Lato Oscuro dei Piccoli Snob Britannici
Ambientato nella Oxford universitaria, Posh (in inglese snob, chic, fighetto) racconta delle gesta del Riot Club, un esclusivo gruppo goliardico dove si forgiano gli spiriti e le amicizie del futuro gruppo dirigente della nazione… Speriamo di no, altrimenti povera Inghilterra.
Inutile dire che i nostri goliardi sono dediti a tutto meno che allo studio, in particolare le passioni sono ubriacarsi fino allo sfinimento e distruggere tutto quello che possono. Evidentemente deve trattarsi di attività particolarmente ricercate, visto che entrare nel ristrettissimo club (esistente dal 18mo secolo) è pressochè il sogno di metà degli studenti (maschili) di Oxford. Infatti, il film (basato sull’omonima piece teatrale – e soprattutto la seconda parte lascia riconoscere la struttura “da interni” tipica del teatro), prende le mosse dall’iniziazione di due membri, Miles, intelligente e affabile (M.Irons), ed il cupo ed enigmatico Alistair (S.Claflin), e si conclude nella cena di benvenuto, destinata a terminare in modo drammatico.
Per tanti versi, Posh sembrerebbe avere tutti i crismi per poter sfruttare la grandissima tradizione attoriale britannica, e le premesse ci sono tutte: seppur non originalissima l’idea delle confraternite universitarie dal lato oscuro (qualche anno fa, film pressochè analogo ma basato negli USA fu The Skulls, e di film simili la cinematografia a stelle e strisce dagli anni 80 in poi è piena zeppa), interpreti e ambientazioni di certo potevano valorizzare l’idea. Sfortunatamente la regista danese Lone Scherfig (già regista di An Education, sempre ambientato in UK) finisce con l’appiattire oltremodo la caratterizzazione dei personaggi, dando una lettura veramente bidimensionale del maschio universitario di buona società (il liberale dalle buone intenzioni, ma un po’ vigliacco, il fascista frustrato, il gay decadente – che vive in vestaglia (!), il ricco straniero… una specie di galleria dell’ovvio) e peraltro rendendo poco credibile il club stesso, che a ben vedere sembra un vero e proprio club di sfigati: cene di soli uomini, un paio veramente nerd, che non fanno altro che mangiare, bere e tirare di coca… e perché uno vorrebbe mai passare la serata cosi? Date un’occhiata a The Social Network, per fare un esempio, e francamente lì si che ci si diverte… Un clichè per tutti: la musica di benvenuto al Riot Club è Wild Boys dei Duran Duran (che fantasia… per di più, una scelta poco credibile per dei 18-20enni).
Peccato perché il potenziale degli attori, soprattutto Sam Claflin, appare completamente non sfruttato. I dialoghi piatti, più che la trama non originalissima che lascia presagire un finale cupo, ma alla fine non troppo, sono in definitiva la parte debole del film, affossando una regia troppo tradizionale. Il lato di critica sociale, di una classe dirigente già marcia prima di diventare adulta, e che avrebbe senz’altro dato tutt’altro spessore al film, emerge didascalico e poco incisivo. Curioso che si tratti (sia nel caso della regista che della sceneggiatrice) di due donne, evidentemente questo non ha giovato al ritrarre la psicologia post adolescenziale maschile.
Quale è in definitiva il giudizio su Posh? Film destinato al pubblico giovanile (soprattutto femminile), è la commistione poco riuscita di The History Boys, il suddetto The Skulls, una spruzzatina del pop-80 di Oxford Blues e qualche ambizione di Fight Club. Rimanendo in tema British, una ricetta che Gordon Ramsay definirebbe un polpettone insapore… anche per gli standard culinari d’Oltremanica. VOTO: 5/10