Nope – Incontri Troppo Ravvicinati del Terzo Tipo
Jordan Peel, regista afromericano quotatissimo al terzo lungometraggio dopo Scappa! e Noi. Ancora una volta, come nelle precedenti 2 volte, usa una espressione più rivolta a quello che pensa il pubblico vedendo la pellicola; Nope infatti significa semplicemente “No”, in questo caso il riferimento all’espressione degli spettatori quando vedono qualcosa che sta per spaventarli.
Ed infatti, questo film è un interessante mix di fantascienza e horror, tutto confezionato come fosse un western (anche se non nuovissimo, vedi Cowboys & Aliens o La Torre Nera): i fratelli OJ (Daniel Kaaluya) e Emerald (Keke Palmer) allevano cavalli e li addestrano per film, fiere e parchi di divertimento. Un giorno OJ avvista quello che pensa essere un disco volante e così con la sorella decidono di immortarlarlo con un video. Proveranno quindi ad adescarlo in modo da metterlo davanti alla videocamera. In realtà, non sono i soli: ci proverà anche Jupe (Steve Yeun), titolare di un parco a tema western. Ma stavolta il nostro alieno non è di quelli alla Spielberg e non saranno incontri ravvicinati del terzo tipo per famiglie.
Politicizzato anche questo terzo film di Peel? Potete scommetterci. Non solo gli attori sono in maggioranza non-bianchi, ma ci sono tutta una serie di sotto-tracce che parlano dello sfruttamento nell’ambiente dello spettacolo già agli albori dell’Industria del Cinema, e c’è un’evidente metafora rivolta alla spettacolarizzazione e allo sfruttamento della natura, con la natura che prima o poi si ribella, e fa un boccone (metaforicamente o letteralmente) di chi la sfida. Si potrebbe anche pensare ad un terzo livello, quello di chi sfida il sistema (politico, economico, cinematografico, ecc) e non può farlo frontalmente per la disparità di potere, ma può affrontarlo in modo più furbo, laterale.
Insomma, fantascienza e horror, ma come veicolo di messaggio, come nella migliore tradizione dei vari Blade Runner, Star Wars, anche Alien. Quindi ottimo film? Ni. Rimane secondo noi un buon B-Movie, ma privo di quello spessore dei citati predecessori. Intendiamoci, da un punto di vista della fotografia è ottimo, e in alcuni casi ci ha ricordato il miglior Spielberg degli anni ’70-’80 (più Lo Squalo che Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo o ET) e il Carpenter de La Cosa e The Fog, ma qualcosa non va dritto fino in fondo, e rimane sempre sul bordo del film discreto e quello ottimo. Un po’ come Shyamalan in film come Signs o The Visit o Split. Troppo intellettualizzato, ci verrebbe da dire, troppo poco spontaneo,e troppo finalizzato alla metafora di fondo. Da notare anche il nome del protagonista, OJ, non casuale il riferimento alla star afroamericana dello sport, prima esaltata, poi fagocitata ed infine ripudiata dal sistema “bianco”. Insomma, un po’ troppo.
La cosa più curiosa è che l’unica parte veramente buona è il prologo e la storia della scimmia assassina Gordy (che a sua volta racchiude la stessa morale di tutto il film, ovvero mai sfidare un predatore), questa si ci sarebbe piaciuto vederla sviluppata in un film, e non pochi minuti complessivi.
Bravini Kaaluya (peraltro al suo secondo film con Peel dopo Scappa!), la Palmer e gli altri attori, ma niente di sorprendente e tutto sommato in linea con lo spirito da B_movie. Senza volere fare spoiler, invece abbastanza buona la rappresentazione dell’alieno, di certo piuttosto originale rispetto agli omini verdi o ai rettiliani dalle zanne lunghe, più che spaventoso, inquietante nella sua diversità enigmatica.
Un regista in evoluzione. Se asciuga un certo lato politico un po’ pedante potrebbe diventare davvero interessante anche per noi Europei, e non solo per un pubblico americano politicamente corretto, che oggi lo rende secondo noi un po’ sopravvalutato. Vediamo gli sviluppi. VOTO:6,5/10