No (I Giorni dell’Arcobaleno) – piccolo trattato sulla pragmatica della comunicazione

No (I Giorni dell’Arcobaleno) – piccolo trattato sulla pragmatica della comunicazione

1988, il Cile si appresta attraverso un referendum a confermare o meno il regime del dittatore Augusto Pinochet dopo quindici anni di torture, uccisioni, desaparecidos, bugie, censura. E così, alla fine la comunitá internazionale riesce ad imporre uno spiraglio, una possibilitá per i dissidenti: il SI confermerebbe il regime, il NO indirebbe nuove elezioni.
Sembra comunque un’impresa, perchè all’opposizione è concessa solo una finestra per fare propaganda: 15 minuti ogni giorno per 27 giorni prima del fatidico 5 ottobre… Il regime ha le rimanenti 23 ore e 45 minuti.
Renè Saavedra (Gael Garcia Bernal) è figlio di un esiliato, ed è un pubblicitario di successo nello studio di Lucho Guzman (Alfredo Castro),  che svolge consulenza per lo stesso ufficio di propaganda del regime… I giorni di Renè passano tra una campagna pubblicitaria per una bevanda ed una telenovela, e con suo figlio, avuto con un’attivista politica di sinistra, che si rifiuta di andare a vivere da lui. Non potrebbe essere più apolitico di così, contento del suo lavoro ben pagato, della sua casa, la sua auto, il suo microonde, i suoi trenini, la sua coscienza sprofondata in un oblio consumistico.
Un bel giorno, Josè Tomas Urrutia, leader (socialista) del fronte del No, decide di affidargli la campagna di propaganda… Inizialmente rifiuta, poi, forse anche per riconquistare la compagna (in tutti i sensi), accetta prima di dare qualche consulenza, poi piano piano ne diventa il vero e proprio direttore artistico; ne ribalta il mood, non più solo cupa denuncia, ma jingle, slogan, colori, loghi (con una piccola gag del mimo che viene inserito ovunque)… Introduce il concetto di vendita di un’idea che, per quanto nobile nel contenuto, necessita di essere comunicata nelle giuste forme. Prima incontra la sbigottimento quasi etico del suo fronte, che poi, da Urrutia in testa, finalmente comprende il pragmatismo dell’opera di René. Non esiste nessuna verità auto-evidente, neanche il sangue rimane indelebile nella memoria di chi non lo ha vissuto in prima persona. Così prima il regime affida la responsabilità  a Guzman (che minaccia il suo collaboratore), poi René finisce con l’attirare le persecuzioni della polizia politica fino al grande giorno, dove il resto è storia.

La direzione asciutta di Pablo Larrain, autore del disturbante Tony Manero di qualche anno fa, unita alla sceneggiatura di Antonio Skarmeta, scrittore de Il Postino di Neruda, pur con qualche ripetizione di troppo, realizza una pellicola di rara intelligenza e finezza, nonché di crudo “sense-making” a proposito della politica, che è un prodotto come tuttti, e solo quando si crea un’operazione di vero e proprio branding (identificazione emotiva positiva col e nel marchio), c’è possibilità che questa abbia successo. Inutile fare appello all’intelligenza delle persone. Lo aveva capito San Paolo duemila e rotti anni fa, lo hanno capito Berlusconi e Bush e fortunatamente Obama, non lo capisce quella Sinistra odierna che sbatte continuamente la propria superiorità morale in faccia agli elettori.

SStraordinario il personaggio di Renè, che accetta la sfida non perché convinto politicamente, ma per ambizione, per soddisfare il suo bambino interno ribelle che gioca coi trenini (che dice sempre NO, ovviamente!), per riportare in casa la madre di suo figlio. Una volta vinto (ma sempre solo), tornerà a fare esattamente quello che faceva prima, con un successo in più nel suo carnet, sbandierato dalla sua stessa azienda (!), lo sguardo perso nei suoi obiettivi, ma privo di ideali veri e propri, c la sua dedizione professionale micidiale quanto gelida. La Risposta sudamericana a Il Duello Frost vs Nixon di qualche anno fa. Da vedere, qualunque sia la vostra tendenza politica. VOTO:8/10

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