Kong: Skull Island – Lunga Vita al Re (dei Mostri)

Kong: Skull Island – Lunga Vita al Re (dei Mostri)

Dopo Il Marvel Universe ed il DCVerse, adesso è il turno di un nuovo Universo Cinematico, ovvero quello del MonsterVerse, dove questo Kong è già il secondo episodio dopo il Godzilla di un paio di anni fa e che, spoilerata o meno, anticipa lo scontro tra i due nel 2020 (uscita già prevista).

Ebbene sì, siamo all’ennesima versione di King Kong, trama però decisamente diversa rispetto ai predecessori, quello illustre del 1933, quello pop del 1976, e quello colto del 2005, che erano 3 remake l’uno dell’altro.

Stavolta  la missione del mix di scienziati, avventurieri e militari (sotto l’egida della enigmatica organizzazione Monarch) è proprio quello di eliminare i mostri della misteriosa Skull Island, tra lucertoloni, insettoni, bufaloni, piovrone, aracnidoni, e ovviamente il gorillone, qui alto più di 30 metri (motivo semplice: sennò non potrebbe scontrarsi con Godzilla nel 2020).

 Tutto qui, davvero. Lasciamo stare esegesi e citazioni varie, è un blockbuster 3D da popcorn e poco altro. Unica eccezione, è interessante la commistione con i NamMovies: ambientato nel 1973, sono tanti i richiami ai film sul Vietnam, in particolare Apocalypse Now di Coppola, tra Napalm, musiche rock, navi che risalgono il fiume, elicotteri su sfondi rossi subtropicali (la locandina ne fa una citazione fin troppo evidente), per di più uno dei protagonisti si chiama Conrad (come l’autore di Cuore di Tenebra, su cui il film di Coppola è basato), ed in fondo, almeno nel Colonnello Packard l’ossessione della ricerca del nemico a tutti i costi richiama una delle tematiche cardini di quel capolavoro di più di quarant’anni fa.

Detto questo, Kong: Skull Island è un film godibile se non si cerca profondità di nessun genere: le scene sono spettacolari, le morti si susseguono in modo cruento e quasi svogliate alla Starship Troopers; ad onor del vero, Kong è realizzato benissimo, muscoli, pelo ed espressività ne fanno il personaggio più interessante (con qualche metafora anti-imperialista in sottofondo), sicuramente più degli umani, con un cast stellare sprecato, tra cui un Tom Hiddleston e una Brie Larson davvero fuori posto, quasi imbarazzati. Meglio Samuel Jackson e John Goodman, ancora meglio John C. Reilly, forse quello con la parte più memorabile. Fortunatamente, ci siamo evitati la storia d’amore tra la bella e la bestia, almeno quello; tenendo la parte divertente, quella degli scontri tra i mostri, ma dopo un po’ anche quella stufa.

Roar. VOTO: 6/10

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