Into the storm – La Guerra di Churchill (2009)

Into the storm – La Guerra di Churchill (2009)

Se vi è piaciuto Il Discorso del Re, non vi potrà non piacere Into The Storm  – La Guerra di Churchill. Si tratta del sequel di The Gathering Storm, (film che raccontava i dieci anni precedenti del futuro Primo Ministro -buono, ma  a mio avviso meno efficace di questo).

 Nella migliore tradizione dei film “da interni” della cinematografia britannica, la pellicola ripercorre invece l’avvento di Winston Churchill (Brendan Gleeson, in forma straordinaria) come Primo Ministro di sua Maestà (lo stesso Giorgio VI de Il Discorso del Re, ovviamente non interpretato da Colin Firth), dall’entrata in guerra nel 1939 fino alle elezioni del 1946, dove, nonostante la vittoria nel conflitto (ad un certo punto, assolutamente inaspettata), Churchill perse le elezioni, di fatto entrando in una sorta di semi-pensionamento.

Le atmosfere del periodo sono ricreate magnificamente attraverso ambientazioni, costumi, musiche estremamente efficaci, dialoghi incisivi ed una ricostruzione storica esemplare. Ma cosa fa la differenza in questo film, sono le recitazioni dei due protagonisti (il già citato Brendan Gleeson ed una superlativa Janet McTeer nei panni della moglie di lui, Clementine), che rendono la storia così incredibilmente reale, alternando le scene di politica, dove lui emerge in tutta la sua sfrontatezza, magniloquenza e tenacia (un vero bulldog inglese per caratteristiche fisiche ed intellettuali al cospetto di veri e propri giganti della storia, come Roosevelt e Stalin; ed in mezzo ad altre figure straordinarie cme Giorgio VI, Chamberlain, Montgomery), e quelle della vita familiare, dove la moglie, nella sua quieta accettazione del ruolo, ne diventa la prima consigliera, confidente e fonte di influenza, lui spesso un bambinone col  broncio che si lamenta di quello che non può ottenere, lei una voce di ragione ma anche di sentimento nei riguardi del burbero marito.

Ne emerge una figura assolutamente straordinaria e di nobile crudeltà: conservatore fino al midollo ed inflessibile ambasciatore di una visione oligarchica del ruolo degli apparati politici e militari nei confronti del popolo. Iin qualche modo, aggrappandosi a questa tenacia e idea nel bene e nel male  fuori dal proprio tempo, supereranno una tempesta andando ben al di là delle forze reali di cui disponeva la nazione britannica, al cospetto delle apparentemente inarrestabili tenebre naziste. Come disse lo stesso Churchill a proposito della Royal Air Force in una delle battaglie più cruciali (e in qualche modo si applica su lui stesso): “mai così tanto è stato dovuto da così tanti a così pochi”. Pur in una visione non certo umanista del proprio ruolo, Churchill riesce ad incarnare ed unire sotto la sua figura autoritaria, cinica, ma anche idealistica e romantica un intero popolo, quando questo ne aveva bisogno.

Sono straordinari due momenti nel film: l’annuncio della vittoria da parte del re Giorgio VI, con un Churchill intimidito che viene invitato ad affacciarsi dal balcone e, non sapendo che fare, si inventa uno dei gesti più famosi e significativi della storia (il famoso segno di “V” per vittoria); ed il finale, quando lo stesso deluso dall’immediata sconfitta alle elezioni nel 1946, inacidito, confuso, adirato e in definitiva spogliato delle sue convinzioni, riceve il premio che forse aveva sempre agognato sin da bambino: quando, mano nella mano con la sua Clemmie, viene applaudito a teatro a scena aperta, definito il “Salvatore del Regno”. Un cavaliere di altri tempi, di un Impero ormai sorpassato, ma a cui viene tributato il raggiungimento della fine della sua guerra. La Guerra di Churchill.  

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