
Il Quinto Potere – W Per Wikileaks
Sicuramente si poteva fare uno sforzo maggiore per quanto riguarda il titolo italiano dell’ultimo film di Bill Condon… È sempre stupefacente come chi dà il titolo nel nostro Paese si prenda delle libertà francamente immeritate. Evidente il riferimento al celeberrimo Quarto Potere di Orson Welles, forse invece è sfuggito Quinto Potere (!) di Sidney Lumet e che non c’entra niente con questo, che avrebbe dovuto semplicemente chiamarsi Il Quinto Stato (ovvero The Fifth Estate nel titolo originale) in riferimento al potere di influenza dei media sul web come pressione verso Governi e Corporazioni.
Quasi un instant movie, Il Quinto Potere racconta dell’ascesa di Wikileaks e del suo profeta, l’efebico Julian Assange (Benedict Cumberbatch) e del suo primo seguace, Daniel Berg (Daniel Bruhl). Il primo, un visionario estremo e senza compromessi (anche a costo di sacrificare informatori e diplomazie), il secondo un idealista ma coi piedi per terra. Insieme i due iniziano il loro movimento di informazione globale formando un team affiatato… Ma quando il meccanismo da loro creato crescerà i due si allontaneranno… Sollevando una domanda: fino a quando la Verità è perseguibile ad ogni costo? La Verità, ammesso che esista, è sempre innocente?
Da un punto di vista puramente cronologico, Il Quinto Potere segue The Social Network, biografia non autorizzata del fenomeno di Facebook e del suo più o meno misterioso fondatore Mark Zuckerberg, e per tanti versi lo ricorda, sia nella fase di ascesa dal niente che nel tratteggiare una figura di leader non sempre cristallina. Certo, diverse le finalità del l’anarchico Wikileaks e del nazionalpopolare Facebook, ma è interessante il parallelo a livello di luci e ombre delle due personalità. Ottimo e credibile Cumberbatch, uno degli attori più interessanti del nuovo panorama cinematografico, che dopo l’impressionante performance nell’ultimo Star Trek, utilizza il suo sguardo enigmatico per rappresentare un po’ Sant’Agostino, un po’ Anonymous, intelligente, geniale, profetico ma anche iconoclasta, sprezzante, dogmatico.
Purtroppo, però, l’opera di Condon, a livello complessivo, soffre il confronto con quella di Fincher: fin troppo sincopato il ritmo, e non sempre coerente lo sviluppo. In definitiva, simile ma meno innovativo, Il Quinto Potere alla fine aggiunge troppo poco a quanto già sappiamo… Una specie di istantanea, dove un dipinto sarebbe stato più appropriato per raffigurare una rivoluzione dell’informazione, con il singolo non più schiacciato dalla, ma che trova riparo nella moltitudine. Senza volto, ma con una voce amplificata all’infinito sfruttando il potenziale della Rete.
Interessante, ma ampiamente imperfetto. VOTO: 6,5/10