Il Giustiziere della Notte – La Giustizia al Tempo di Trump
44 anni dopo l’originale, esce Il remake (non il re-boot, una volta tanto) de Il Giustiziere della Notte (quello con Charles Bronson, ben 4 sequel, non proprio memorabili), e non poteva che essere Eli Roth, pupillo di Quentin Tarantino, a dirigere dopo il remake del cannibal-movie The Green Inferno, al suo primo non-horror.
Il film segue fedelmente la trama dell’originale, con qualche variazione più o meno significativa: Paul Kersey è un chirurgo di successo al Pronto Soccorso di Chicago, e passa la vita a ricucire gente da ferite da fuoco e aggressioni varie, fino a che, in un giorno fatale, questa sorte spetta a moglie e figlia. Purtroppo, la giustizia latita, travolta com’è dalla violenza dilagante, e allora al buon Paul non resta che prendere in mano la giustizia stessa…
Evidente come Roth in qualche modo abbia voluto dire la sua su questi USA di Trump dove non solo le armi dilagano, ma apparentemente l’unica risposta sembra essere quella di dotare anche gli indifesi di armi in modo che possano non solo difendersi, ma anche farsi giustizia da soli. Quello che però non ci quadra moltissimo è che, altrettanto apparentemente, Roth non sembra prendere posizione. Vero che l’utilizzo dei commentatori radio in sottofondo, quasi un coro greco che commenta gli eventi più cruenti, forse in qualche modo gli danno voce (forse); ma l’effetto è quasi opposto, molto assolutorio. Per di più i cattivi sembrano tutti particolarmente stupidi e imbranati, tanto che il dilettante pistolero Kersey alla fine diventa un vero e proprio flagello di Dio.
Ora non che un film che accoppi i cattivi non sia catartico (anzi), però qui siamo proprio sul basic, tutto un po’ troppo televisivo, pure (nel senso peggiore del termine); con approfondimenti psicologici però quasi zero. Bruce Willis non si sforza neanche più di tanto, e tutti gli altri (incluso Vincent D’Onofrio, sprecato, e la rediviva Elizabeth Shue) si accontentano del minimo sindacale. Non ha neanche del fumetto, come altri film tipo Man on Fire (dove l’antieroe è un vero e proprio disperato senza possibilità di redenzione) o Drive (dove il protagonista è una specie di figura semi-divina), o grotteschi come Pulp Fiction (per citare il maestro di Roth, ovvero Tarantino); e, rispetto ad alcuni film nostrani (ci vengono in mente Un Borghese Piccolo Piccolo e Il Giocattolo) dello stesso periodo del film con Charles Bronson, non riesce neanche mai ad essere una vera e propria satira amara e sociale,
Tutto discretamente realizzato, intendiamoci, ma tutto discretamente inutile. Le due orette scarse si chiudono esattamente con la stessa scena dell’originale del 74. Forse che il regista abbia voluto dire che niente è cambiato in 44 anni? Non ci resta che aspettare il remake dell’Ispettore Callaghan per avere la conferma. Bang! VOTO: 5/10