
I Due Volti Di Gennaio – Una Tragedia Greca Moderna (o quasi)
Prima regia di Hossein Amini, iraniano di origine e già sceneggiatore di Drive e Biancaneve e il Cacciatore, I Due Volti di Gennaio è basato sul libro di Patricia Highsmith, già tradotta sullo schermo per la trilogia di Mr Ripley.
Ambientato ad Atene nel 1962, il film racconta della giovane guida Rydal (Oscar Isaac), ex studente di Yale in fuga dal suo passato e dal suo futuro già scritto, che si trova invischiato nelle vicende della facoltosa coppia McFarland, lui Chester (Viggo Mortensen), investitore finanziario quasi cinquantenne, lei Colette (Kirsten Dunst) poco più che ventenne: a seguito di un incidente, Chester dovrà sfuggire alla polizia e sarà Rydal a farsi carico, in cambio di denaro, di portare sia lui che la moglie fuori dalla Grecia… ma non sarà una passeggiata di salute, complice l’attrazione che si instaura tra lui e Colette, e il rapporto padre-figlio che si crea con Chester. Non casualmente, più di una volta le immagini fanno riferimento ad un affresco della tauromachia, dove due toreri sfidano mortalmente il toro (mortalmente per tutti i 3), un gioco che si traduce nella realtà di 3 personaggi, dove però i ruoli di toreri e toro si intercambiano continuamente.
Come dicevamo, prima regia per Amini, che in qualche modo decide di affondare a piene mani nel patrimonio visuale di Mr. Ripley, ed ecco le atmosfere retro e luminosissime dell’Italia anni ’60 si trasferiscono in Grecia, anche qui caratterizzate da un presagio malevolo, un sentore che qualcosa andrà di male in peggio; a differenza di Mr. Ripley, è evidente come il focus sia su due personaggi, Rydal, tipico ex studente USA ansioso di perdersi nella vita, e Chester, truffatore all’imbocco del viale del tramonto. Entrambi in una fase di transizione, ma, come suggerisce il titolo, insieme sono un Giano (nume che dà il nome a Gennaio, il mese di passaggio tra il vecchio anno ed il nuovo) bifronte, uno che guarda al futuro, l’altro al passato. Non casualmente, tra i due emerge un rapporto filiale, laddove il padre alla fine non potrà fare a meno di scusarsi per aver deluso il figlio, tema ricorrente nei romanzi di formazione, più che nei thriller.
Di positivo ne I Due Volti Di Gennaio, emerge la buona fotografia, complice i fantastici scorci della Grecia e Creta in primis, e le buone interpretazioni dei protagonisti, soprattutto Viggo Mortensen che riesce a caratterizzare il suo Chester con un misto di affascinante, misterioso, ma anche maldestro e meschino. Il suo destino è segnato già all’inizio, il finale sarà per lui una specie di catarsi dagli spettri del passato, remoto e recente.
Cosa invece non funziona è in definitiva, il senso di dejavu dell’opera, con il gusto retro e un po’ stereotipato della Highsmith (Italia o Grecia, il risultato non cambia) ormai già visto sullo schermo e di fatto molto prevedibile, che in un thriller certo non aiuta: la sensazione che qualcosa di sorprendente succederà, viene delusa, con una parte iniziale molto promettente (che ricorderà per certi versi Cortesie per Gli Ospiti, di qualche anno fa), una parte centrale discontinua e venti minuti finali che sono forse la parte debole del film. Ben altro potenziale sarebbe potuto essere espresso con una diversa narrazione.
I due Volti di Gennaio in definitiva e per ironia, finisce col dimostrare nei fatti quello che avrebbe voluto raccontare del rapporto padre-figlio: irrisolto. VOTO:6,5/10