Green Book – A Spasso Con Doc

Green Book – A Spasso Con Doc

Quanto fosse difficile per gli Afroamericani girare negli Stati Uniti del Sud negli anni ’60 è cosa risaputa; del resto la questione razziale rimane per tanti versi irrisolta ancora oggi, anzi l’attuale governo Trump sembra averla irrigidita.

Inaspettato regista di questo dramma/commedia è Peter Farrelly, più noto per commedie sboccate come Tutti Pazzi Per Mary e Io, Me e Irene; scelta che sollevò qualche ciglio durante il casting, vista la delicatezza della materia. Storia vera: il pianista nero Donald “Doc” Shirley  (Mahersala Ali) attraversa in tour il profondo Sud insieme ai membri del suo trio, e al suo autista/guardia del corpo, l’italo-americano Tony Vallelonga (Viggo Mortensen). Tanto è raffinato e algido l’uno, quanto rozzo e sanguigno l’altro. Una strana coppia a tutti gli effetti, ma le situazioni in cui si troverà Doc saranno molto complesse e molto pericolose, più adatte ai bassifondi che alle sale concerto, e spesso ci vorrà tutta la capacità persuasiva (con le buone o le cattive) di Tony per tirarlo fuori dai pasticci. D’altro canto, Doc aiuterà Tony con sua moglie Dolores (una Linda Cardellini deliziosa)

Il Green Book è stata una guida di viaggio per gli automobilisti neri pubblicata dal ‘36 al ’66, dove venivano segnalati hotel e ristoranti che servivano persone di colore, nella patria della democrazia e della libertà: quando avviene il tour, siamo nel ’62 e i Kennedy stanno spostando pesantemente gli equilibri di un Paese con ancora troppe contraddizioni, dove è più facile esibirsi per i bianchi che utilizzare le loro latrine o i loro ristoranti. Ecco che il viaggio dell’improbabile duo, assume il contorno della sfida simbolica: 6 anni prima niente poco di meno  Nat “King” Cole fu pestato a sangue prima di salire sul palco in Alabama; ed entrambi ne escono trasformati. Se infatti Tony si rende contro del razzismo eclatante degli altri, ma anche strisciante nel linguaggio suo e di chi gli sta accanto, Don si rende conto della solitudine in cui si è relegato spesso da solo, né parte degli uni, né parte degli altri, né con gente che possa chiamare “famiglia”. Alla fine, arriveranno insieme alla fine del viaggio, ma non come si aspettavano.

Il film è un road/buddy movie classico del cinema USA, nel periodo forse quintessenziale della storia USA: ed è un film ferocemente professionale, nel senso che fa ridere quando deve far ridere, commuove quando deve commuovere, e non rinuncia mai a far riflettere senza essere pedante. Sia Viggo Mortensen (sovrappeso e credibilissimo italo-americano, incredibile ma vero) che Mahersala Ali rischiano seriamente di vincere l’Oscar per Miglior Attore; e così il film che, a ben guardare, sembra letteralmente ingegnerizzato per vincere (la bella storia edificante di amicizia tra diverse culture, le minoranze – non spoileriamo- di tutti i tipi) esattamente 30 anni dopo l’Oscar ad una storia che, guarda caso, parlava di un’autista di colore e di un’anziana signora di religione ebraica, ovvero A Spasso con Daisy, di cui questo film sembra una versione aggiornata.

Intendiamoci, il film è godibilissimo (è molto meglio di Moonlight di un paio di anni fa, e più o meno al livello de La Forma dell’Acqua dello scorso anno), 2h10 che scorrono via come la Cadillac turchese dei protagonisti nei colori pastello degli anni ’60. Ma quando dovrebbe spingere sull’acceleratore del messaggio – il razzismo, di qualunque tipo, ci rende davvero soli ed impauriti  in questo mondo- stacca un po’ il piede. È un film per famiglie, dopo tutto.  VOTO: 7/10

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