Foxcatcher – A Caccia di Onore, Gloria e Amore
Sottotitolo: Una Storia Americana. Questo è il succo di un film basato su una storia vera e raccontato da uno dei migliori registi USA dell’ultima generazione, ovvero quel Bennett Miller che ci ha regalato perle come Truman Capote e Moneyball, altre storie basate su fatti reali e americani.
Foxcatcher è il nome della tenuta in cui il ricchissimo magnate dell’industria John Dupont finanziò e fece allenare sotto la sua “supervisione” il team olimpico di lotta libera a stelle e strisce dal 1987 al 1996. Protagonisti di questo progetto furono i fratelli Schulz: Mark come atleta fino al 1988, David come atleta e allenatore fino al ’96.
Non aggiungiamo altro alla trama, anche perché, ad essere onesti, è particolarmente rarefatta e costruita sui dialoghi e sulle relazioni a due tra uomini, di cui la lotta libera ne è una metafora molto fine, con tutta la sua carica di aggressività, forza e eleganza (evidenti i parallelismi tra rapporto fraterno e relazione, padre-figlio, e con qualche accenno di carica omoerotica) che in Foxcatcher sono posti al centro di un improbabile triangolo, ognuno dei quali gioca un ruolo importante nella tragedia.
Mark (Channing Tatum) è il più fragile (emotivamente) dei tre, solo e disperatamente bisognoso di amicizia ma, soprattutto, di una figura paterna che dapprima trova nel fratello, poi, quasi un complesso edipico, sostituisce/uccide tramite Dupont. Aggressivo, autodistruttivo, sempre sul punto di scattare, totalmente incentrato sul suo sport, visto come missione ma soprattutto unica ragione di vita.
David (Mark Ruffalo) è la figura di equilibrio, posato e responsabile (è, infatti, sempre raffigurato ingobbito, ancor più del fratello, quasi sostenesse un grande peso sulle spalle) con una famiglia sua che lo segue; ottimo atleta, ancor migliore coach, forte e centrato in sé, tanto da influenzare tutto l’ambiente e le persone intorno. Capisce e motiva il fratello come nessun altro – è lui, infatti, il primo a volersene distaccare – ma, allo stesso tempo, intuisce la morbosità del rapporto di Mark col suo sponsor, col quale lui invece negozia alla pari nonostante la differenza sociale. è lui, in fin dei conti, il vero Eroe del film.
Ma la figura che si staglia su tutto, più un’ombra che un’aquila come ama soprannominarsi lui stesso, è John E. Dupont, ricco industriale di famiglia patrizia, ornitologo, filatelico, filantropo, patriota. Inintellegibile ed enigmatico, paranoico e schizofrenico, il vero Foxcatcher, ovvero “cacciatore di volpi”, in riferimento al rapporto irrisolto con la madre (piccola ma significativa parte di Vanessa Redgrave). Finanziatore di sportivi e di opere benemerite, vero, ma anche collezionista di pistole, mitragliatrici e carri armati (!) che usa regolarmente come fossero trenini. Questa, l’interpretazione che ne dà un inedito (e quasi irriconoscibile) Steve Carell: l’immagine di un represso all’eterna ricerca del riconoscimento altrui (stima, amicizia e amore: le prede che cerca disperatamente) anche a costo di doverlo comprare.
Questo triangolo si inserisce, chiudendo il cerchio iniziale, nella Storia Americana (innumerevoli i riferimenti alla Guerra di Indipendenza), in questo eterno gioco di una nazione (non solo gli USA) che ha bisogno di eroi (militari, sportivi, artistici), li onora e li ama, ma allo stesso tempo li compra, li fagocita e li uccide. Un Capitalismo buonista e solo apparentemente progressista, che esorcizza e giustifica la ricchezza di una élite ricca nei confronti di una massa che ha il riscatto sociale come obiettivo primario: il Sogno Americano come difesa di un sistema sempre più insostenibile.
Foxcatcher appare molto più complesso di una semplice epica sportiva, con tonalità molto più simili a Truman Capote (finale incluso) che all’altro film sportivo di Miller, Moneyball. Seppur non allo stesso livello complessivo degli altri due, si tratta comunque di un film più che buono e ricco di interpretazioni davvero notevoli e sorprendenti. VOTO:7,5/10