Dunkirk – L’Eroismo della Sopravvivenza

Dunkirk – L’Eroismo della Sopravvivenza

Il film di guerra più atteso dai tempi di Salvate il Soldato Ryan, fosse altro che a dirigerlo è Christopher Nolan, quello che in questo momento è il miglior regista del mondo (ce ne assumiamo la responsabilità), o almeno il più rappresentativo degli ultimi 15 anni, un po’ come lo era stato quello Steven Spielberg per metà anni 70 e tutti gli anni 80.

Peraltro, così come quel film di quasi vent’anni fa, l’evento che lo segna è uno sbarco nelle spiagge della Normandia del 44, così anche in questo caso le spiagge della Francia sono lo sfondo del film; ma con un evento decisamente meno famoso o vittorioso, ma non per questo meno epico ed eroico: l’evacuazione di oltre 300.000 soldati britannici e francesi da Dunkirk nel 40, per sfuggire ai Nazisti che ormai avevano conquistato Parigi. Il film è visto da 3 punti di vista: quello della fanteria, che attenderà ammassato sulle spiagge per una settimana, quello della marina, che ha il compito di riportarli in Gran Bretagna; e quello dell’aeronautica, che dovrà difenderli entrambi dalle soverchianti forze dei Tedeschi.

Nolan sceglie la Normalità dell’Eroismo come chiave di lettura, dipingendo militari e civili, che giocheranno un ruolo fondamentale nell’operazione di evacuazione, con tutti i loro pregi e difetti, tutti impegnati a sopravvivere, tutti pronti anche ad azioni meno che nobili per tornare a casa, tutti che convivono con la costante paura della morte, ma anche pronti al sacrificio come ultima carta da giocarsi. Non a caso, sono pochissimi gli attori famosi scelti in un film così corale (che ci ricorda una via di mezzo tra Il Giorno Più Lungo (1962) e La Sottile Linea Rossa (1998), il bravissimo Mark Rylance nel ruolo del capitano improvvisato, Tom Hardy il pilota che farà di tutto pur di salvare i suoi compagni a terra, Cillian Murphy, ufficiale ormai indelebilmente ferito nello spirito, e Kenneth Branagh, l’ammiraglio con il compito di supervisionare l’operazione. A questi si aggiungono tanti attori giovani  e sconosciuti, Fionn Whitehead, Aneurin Barnard, Damen Bonnard e Harry Stiles, l’unico noto per i trascorsi musicali negli One Direction. Tutti inglesi, per volere dello stesso Nolan.

La paura, la sopravvivenza, dicevamo sono gli aspetti preponderanti del film; a sottolinearlo insieme alle immagini livide, buie, claustrofobiche di costante senso di essere in trappola (in nave, in acqua, allo scoperto, ovunque) mai come in questa pellicola l’uso del sonoro: il rumore quasi sempre assordante di urla, caccia in picchiata, esplosioni, e un ineluttabile ticchettio di orologio che è inserito in sottofondo fino alle ultime scene. Splendido lo score di Hans Zimmer (con una magnifica variazione del Nimrod di Elgar come unica vero sfondo musicale) Continuamente nel film, i protagonisti si tappano le orecchie oltre a chiudere gli occhi. Dialoghi all’osso, e per questo ancora più efficaci. Anche per lo spettatore, quasi 2 ore di groppo in gola e fino alla fine mai una pausa emotiva.

Nolan fa centro per l’ennesima volta e in tutta onestà, ci stupiremmo se al prossimo Oscar, fosse ignorato sia a livello di regia che a livello di film (oltre al già citato Zimmer); certo, qui siamo di fronte ad un antiretorica della guerra lontanissimo dall’immaginario di Hollywood  (soprattutto di questi tempi) e fuori dallo star system; ma per tutti quelli che vogliano mandare in guerra i propri figli (e quelli degli altri) consigliamo la visione (e l’ascolto) di questo inferno sulle spiagge.  Bellissimo e commovente già il payoff del film: “quando 400.000 soldati non poterono tornare a casa, casa loro tornò a prenderli”. VOTO 9/10

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