Cosmetica (2011)

Cosmetica (2011)

Cosmetica – I. Biddau (2011)

Si racconta un aneddoto del celebre scrittore e giornalista Ennio Flaiano, noto per la sua caustica lucidità… Il corriere della Sera, per il quale Flaiano lavorò, pubblicò una notizia in cronaca nera:  un’omicida aveva ucciso e decapitato la propria vittima, con la quale aveva intessuto una breve relazione, ed aveva nascosto la testa, che non era stata più ritrovata… sul giornale avevano pubblicato la foto della sventurata (sicuramente non avvenente) , ed il commento di Flaiano con un collega della redazione fu: “l’assassino deve essere un’esteta”.

Liberamente ispirato al libro “Cosmetica del Nemico” di Amelie Nothomb, il primo lungometraggio di Igor Biddau, è un’opera che, parafrasando Peter Gabriel, si prefigge di scavare nello sporco, ovvero di far luce negli angoli bui dell’inconscio.

Il racconto si sviluppa sul binario di un incontro apparentemente casuale ad una stazione ferroviaria di Barcellona (dove è girato il film, pur di produzione italiana) tra  Geroni Angust, uomo di affari, e Textor Texel, singolare personaggio apparentemente sbucato dal nulla, il quale invade lo spazio, prima fisico poi mentale, dell’altro raccontandogli le sue nefandezze… talmente assurde che all’inizio si può pensare si tratti semplicemente di esibizionismo dell’orrido.

Texel racconta  dell’attrazione verso l’abisso e di una vera e propria spirale verso l’inferno,  che lo porterà ad atti di crescente efferatezza, fino all’ultimo inevitabile atto, l’omicidio, ma compiuto con tale ritualità e precisione da rappresentare il delitto perfetto, quasi un atto estetico, di arte, tanto da poterlo confidare a Geroni convinto della propria impunità. Perché la bellezza è un valore assoluto, trascendentale, e dunque non risponde alle leggi che governano il vivere quotidiano e la sua banalità, la sua grigia prevedibilità.

Il film, come dicevamo, ha come fil-rouge il dialogo tra Geroni e Texel, sul quale vengono innestati gli episodi che scandiscono l’opera d’arte dell’assassino, dagli inizi di un bimbo che massacra il gatto di casa, attraverso le sperimentazioni di atti disgustosi ed il superamento di ogni repulsione, fino allo stupro ed al logico epilogo. Molte immagini e scene trasmettono un senso di disturbato e disturbante, e però hanno il pregio di attirarci sull’immagine successiva, un po’ come quegli incidenti sulla tangenziale… dove ciascuno, annusato l’odore di sangue, rallenta e si sporge per guardare. Un pugno allo stomaco, e al cervello.

Dietro i protagonisti si staglia Barcellona, multicolore ed ambigua con i suoi doccioni e le sue statue di santi, le sue vie piene di vita e i suoi cimiteri deserti, le ramblas e le fontane per i turisti (nella scena forse migliore  del film, quella del “trionfo” di Texel) e gli angoli gotici che fungono da anfratto per ogni delitto; Barcellona molto ben rappresentata, grazie anche ai vari stili di fotografia utilizzati da Biddau per sottolineare i vari momenti, che spazia dal realismo in piena luce,  fino ad immagini distorte; e grazie anche all’uso del suono molto intelligente, con cui viene evocata una dimensione di sogno (anzi di incubo) di certi passaggi, mischiato a musiche classiche e contemporanee.

La trama non ripercorre esattamente il testo originale, anzi se ne discosta significativamente in alcuni passaggi, ma non per questo risulta meno efficace: in fondo, anche film cult come Arancia Meccanica, Shining e Blade Runner non seguono pedissequamente i testi originali, aggiungendo, se non migliorando, il valore della resa finale.

In definitiva, questo primo lungometraggio di Biddau rappresenta un eccellente prodotto del sottobosco indipendente europeo, e che, nonostante le ristrettezze economiche della attuali produzioni cinevisive attuali in Italia (che però coprono lo scarso coraggio con cui si affronta la sperimentazione di cose nuove, e dunque ecco il perché di tanti medici, carabinieri, preti, per tacere di Vacanze in questo o quell’altro posto…) lascia intravedere una qualità su cui scommettere con lucido coraggio.

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