Spider-Man: No Way Home – Il Ragno Torna a Casa

Spider-Man: No Way Home – Il Ragno Torna a Casa

Il piu teen dei SuperEroi Marvel, ma anche il più iconico probabilmente, vive la sua ottava avventura su grande schermo da quel 2002, quando Sam Raimi lo rese un blockbuster prima dell’esplosione del cinefumetto come genere a sé stante.

Spider-Man: No Way Home esordisce con una crisi per il TessiRagnatele: non solo il suo nemico Mysterio ne ha svelato l’identità davanti a tutto il mondo, ma quello che è peggio è che tutti lo accusano di averlo ucciso quando tutti pensavano che lo stesso Mysterio fosse un eroe. E se chiedesse al Doctor Strange un incantesimo per fare dimenticare la sua identità da tutti? Buona idea, ma trafficare con la magia è sempre pericoloso, e ben 5 dei suoi nemici da altre dimensioni invaderanno la nostra realtà. A chi tocca rispedirli a casa?

Il film di Jon Watts riprende in parte il cartoon Spider-Man: Un nuovo universo, ma soprattutto un classico dei grandi rivali della Marvel (ovvero la DC, la casa di Superman e Batman, con Crisi sulle Terre Infinite), che introduce il concetto del Multiverso in un mondo fumettistico, e lo fa per un ottimo motivo: l’Amichevole Ragno di Quartiere, dopo la gestione di Raimi, ha avuto quella di The Amazing Spider-Man (parzialmente abortita), quella per l’appunto di Jon Watts (molto teen) e quella di The Avengers (dove combatte alieni e viene dotato di una tuta ipertecnologica); insomma, un casino di facce, identità, filoni parzialmente inespressi, e direzioni poco adatte a quello che rimane il più umano ed il più “down-to-earth” dei Supereroi. Per lui Stan Lee coniò il concetto di “Supereroi con super problemi”, per lui conia il concetto “Da Grandi Problemi Derivano Grandi Responsabilità”. Francamente nelle ultime iterazioni si era un po’ perso.

Jon Watts realizza un capitolo (finale? Non crediamo) molto più maturo dei precedenti, che esplora sfaccettature e demoni interni di un ragazzo cresciuto troppo in fretta, per riportarlo, alla fine di una cavalcata super-spettacolare (in stile Inception di Nolan) alla sua natura semplice ed essenziale, probabilmente gettando le basi per ulteriori sviluppi (se ce ne saranno) meno barocchi e meno inutili (l’ultimo Away From Home era davvero un po’ stucchevole). E bella l’idea di riportare sullo schermo i supercattivi (e non solo) dei film dei predecessori che, per non spoilerare, sono forse l’aspetto migliore del film, che però torna ad avere una dimensione legata alle scelte, alle promesse, alle responsabilità, appunto che fanno di lui (e di noi) quello che siamo, forse in qualunque mondo possibile.

Tom Holland è un ottimo Peter Parker, di gran lunga il migliore del cast della trilogia di Jon Watts (ci convincono sempre poco i vari Batalon, Zendaya, persino la Tomei, che pure ha il suo peso) e duetta benissimo con Benedict Cumberbatch/ Doctor Strange. È il migliore degli SpiderMan sullo schermo? Vi diciamo solo questo: lo deciderete voi!

Spider-Man: Away From Home è un film che non può essere spiegato più di così, in pratica è tutto uno spoiler. Ma a noi è piaciuto, 2h38 che hanno il compito di chiudere un po’ di conti sospesi, in alcuni casi addirittura con la trilogia di Raimi ed il bis di Marc Webb. A ciascuno il suo, ci verrebbe da dire, ed è un film per i fan, nel senso che se uno non ha seguito le trame precedenti rischia seriamente di perdersi tanti dettagli, e tante strizzatine d’occhio che, in fondo, sono la gioia dei nerd che amano davvero i fumetti. VOTO: 7/10

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