Captain Phillips – Un Eroe Normale in un’Avventura Straordinaria

Captain Phillips – Un Eroe Normale in un’Avventura Straordinaria

Paul Greengrass, uno dei migliori registi di action movies degli ultimi tempi (a lui si deve la trilogia di Bourne e il più recente Green Zone), sceglie Tom Hanks per portare sullo schermo una storia vera, ovvero l’abbordaggio di una nave cargo USA da parte di una barchetta di pirati somali e il conseguente rapimento lampo del capitano della nave, ovvero Richard Phillips. Inutile aggiungere dettagli alla trama perché sarebbero solo “spoiler” di quella che è a tutti gli effetti un’entusiasmante avventura vera con personaggi veri.

Iniziamo subito col dire che era un bel po’ che non vedevamo un Tom Hanks così in forma e così in parte, anzi per alcuni versi le sue ultime scelte (tra cui il tremendo Larry Crowne da lui diretto, l’incomprensibile Cloud Atlas e la nefasta accoppiata Codice Da Vinci e Angeli e Demoni), sembravano averne delineato una parabola definitivamente discendente rispetto ai fasti del periodo che va da Forrest Gump (1994) fino a Prova a Prendermi (2003). Invece, proprio sfruttando una sua vena drammatica quasi realista quasi mai portata alla ribalta, il buon vecchio Tom ci dimostra che ancora ha qualche cartuccia da sparare. Il suo Capitano Phillips, leader che fa dell’astuzia e dell’empatia le sue armi da eroe di tutti i giorni, ha tutte le qualità che ci si potrebbe aspettare da qualcuno che si trova in una situazione che, seppure non impossibile per delle responsabilità come le sue, ne rappresenta la prova del fuoco, quando capita quella volta nella vita. Un po’ come è capitato per il -purtroppo- nostrano Comandante Schettino con esiti -purtroppo- tristemente diversi.

Sarà la sua umanità a guidare gli altri nel momento di crisi, ed il suo semplice e diretto coraggio ad affrontare i pirati somali, un gruppetto di disperati, forse resi ancor più pericolosi dalla loro inesperienza ed improvvisazione, guidati da Muse (un Barkhad Abdi di una espressività dilaniante). Si scoprirà un negoziatore umile e pieno di risorse (non potrà non ricordare il Paul Rusebagina di Hotel Rwanda), con uno spirito a cui farà estremo affidamento fino al quasi crollo finale.

Con Captain Phillips, il regista Greengrass ha il pregio di creare un film sicuramente commerciale, ma che non cede a facili nazionalismi manichei (bianco americano buono – nero somalo cattivo), anzi delinea quella che apparentemente è una semplice storia di criminalità contro l’uomo comune come la conseguenza di uno scellerato globalismo. Di fatto i pirati, smascherati, non sono altro che pescatori che non hanno più niente da pescare (essendo il loro mare depauperato dai grandi e moderni pescherecci) e che non hanno altra possibilità che mettersi nelle mani di Signori della Guerra che li armano con fragili barchette e fucili rubati, riempiendogli lo stomaco di solo Qat, foglie di droga simili con effetti simili alla coca, che li anestetizzano alla fame e alla fatica. Ma questi “criminali” sono Davide di fronte al Golia che affrontano e che, a differenza della storia biblica, non può che sfociare in un destino già scritto. Straordinaria la freddezza, e tutto sommato la facilità, con cui vengono affrontati dai Navy Seals statunitensi (e qui si vede il tocco, già visto per esempio in The Green Zone,  del regista).

Molto ben diretto, teso e per niente scontato, nonostante sia una storia “nota”. Da vedere. VOTO: 8/10

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