Borg McEnroe – Scontro di Titani a Wimbledon

Borg McEnroe – Scontro di Titani a Wimbledon

Fu proprio un’epopea sportiva diversa quella degli anni 70 e 80: in quasi qualunque sport, magari non c’erano degli atleti mostruosi come spesso capita oggi giorno, ma forse anche per questo ci apparivano dotati di superpoteri, proprio perché quello che sapevano fare in campo non solo ci sembrava meno “programmato” ma anche perché era effettivamente frutto di un’applicazione che spasmodicamente raffinava fino all’estremo le caratteristiche individuali, invece di renderli tutto sommato simili tra di loro come capita oggi. E sono anni di grandi rivalità, pensiamo a Ali e Foreman, Magic e Bird, Hunt e Lauda (questi ultimi ripresi in Rush di qualche anno fa), spesso dotati di stili agli antipodi, e per questo dividevano i fan in due, quasi fossero alfieri di due visioni del mondo, in genere l’artista contro l’ingegnere, il talento contro il fisico. Il tennis non faceva eccezione e dal 1979 fino al 1981, è il regno di due grandi come lo svedese Bjorn Borg e l’americano John McEnroe; l’uno, un martello penumatico glaciale ed impeccabile, l’altro un raggio laser tutto guizzi e nervi, anche di eccessi.

Janus Metz, regista danese al primo lungometraggio riporta proprio in auge quella storia, in particolare il Torneo di Wimbledon del 1980, che li vedrà opporsi in finale, in uno di quegli incontri universalmente considerati uno dei migliori di sempre. I due, separati da solo 4 anni di età, ma così diversi in campo. Eppure, quello che traspare è una reciproca ammirazione, e una comprensione dell’altro che a tutti gli altri sfugge. E cosi, mentre McEnroe, figlio di un ex-militare benestante, intravede una rabbia sotto il ghiaccio dell’altro, Borg, figlio di umile elettricista, capisce l’enorme  disciplina sotto le proverbiali sfuriate dell’altro. Tanto si comprendono che i due saranno grandi amici dopo il ritiro di Borg, arrivato al culmine della sua carriera poco dopo. Insomma, al di là delle apparenze che li avrebbero voluti acerrimi nemici, i due rivelano avere una personalità simile, solo educati diversamente, quasi due omologhi.

Il film di Metz ha proprio il pregio, grazie ai flashback delle adolescenze di entrambi, di portare alla luce questa omologia, e di evidenziarne le solitudini dietro la fama; ed ovviamente il climax è la Finale di Wimbledon, rappresentata attraverso alcuni momenti topici oggi famosissimi in alcune foto, il McEnroe con la faccia sul prato dopo un tuffo, Il Borg in ginocchio alla fine, ma anche nei brevi incontri fuori dal campo, tra cui quello all’aeroporto in fondo.

Il Film ha anche il pregio di raccontare bene quegli anni, attraverso le atmosfere cosi cariche di energia; e bravissimi i protagonisti, lo sconosciuto Sverrir Gunadson come un Borg perfetto (somiglianza che ricorda il Val Kilmer che interpretò Jim Morrison qualche anno fa) ma anche uno Shia LaBoeuf come un complesso McEnroe tutto talento e rabbia, un po’ la sua trasposizione nella vita reale. Ottimo anche Stellan Skarsgaard, nei panni del mentore di Borg. 

Forse Rispetto ad un Rush, altro film di rivalità sportiva (per fare un esempio) il film soffre di ritmi un po’ troppo blandi, ma è evidente come la parte sportiva sia stata meno centrale per il regista di quanto non lo sia stata per il collega Ron Howard, e forse su quello si poteva fare qualcosa in più. Ma un buon risultato: alla fine ne esce la storia di due titani che avrebbero dovuto odiarsi, ed invece si scoprono fratelli. Mitologico. VOTO: 7/10

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