Boogie Nights (1997)

Boogie Nights (1997)

Paul Thomas Anderson firma il suo primo lungometraggio nel 1996 (il non trascendentale Sidney), e già allora fu considerato una sorta di bambino prodigio della regia e della sceneggiatura, con una capacità narrativa assolutamente fuori norma, ed infatti riesce ad attrarre attori di un certo livello praticamente da subito. Di fato esplode con Magnolia (1999) e poi, dopo un periodo a vuoto (incluso il deludente Ubriaco d’amore -2002) si riconferma con Il Petroliere (2007, dove peraltro riesce nell’impresa di portare sullo schermo Daniel Day Lewis – premiato con l’oscar – al tempo in stato di semi-pensionamento)

Ma se dovessimo scegliere un film che racchiude tutta l’energia, tutta la capacità di costruire ambientazioni e di lavorare su enormi affreschi  recitativi, tutta la spiacevole realtà e la trasgressione intelligente, questo film non può non essere Boogie Nights, film che racconta niente di meno che l’epopea del cinema pornografico USA dal 1977 a fine anni ’80, inventandosi un universo di pornodivi alcuni anche improbabili, esasperazioni fatte di sesso, alcool e droga, depressioni sempre sul punto di esplodere e tutta la vita che succede intorno alla bolla apparentemente patinata di quel mondo.

La trama mette al centro della storia Eddie (Mark Walhberg, incredibile come riesce a caratterizzare l’assoluta mediocrità del suo personaggio – eccetto il suo talento per il sesso), ragazzo di strada particolarmente “dotato”, che sale alla ribalta inventandosi un personaggio tutto suo (praticamente un film dentro un film) che avrà un enorme successo. Intorno a lui il regista Jack (Burt Reynolds, anche lui recuperato dall’oblio), padre e patriarca della sua improbabile famiglia con ambizioni artistiche, amorevole ma anche privo di scrupoli; Amber (Julianne Moore), regina del porno e madre privata del figlio naturale e per questo alla perenne ricerca di sostituti; Roller Girl (Heather Graham), la Lolita del gruppo, che cela rancore e violenza dietro il suo aspetto angelico; Buck (Don Cheadle) che vuole soltanto una vita “normale”; l’eterna spalla Reed (John C. Reilly); l’omosessuale represso  Scotty (Philip Seymour Hoffman  – strepitoso); il produttore cornuto Little Bill (William H. Macy) e poi Thomas Jane, Alfred Molina, Philip Baker Hall, Robert Ridgely… pazzesco come anche con poche battute, Anderson riesce a rendere i suoi personaggi reali, così tragici e comici allo stesso tempo.  Questa capacità di sinergia corale è paragonabile a grandi opere letterarie come quelle di Dos Passos, Steinbeck, Philip Roth…

L’ultimo atto, un lieto (?) fine assolutamente fuori dalle righe, con la “famiglia” nuovamente riunita e al lavoro, dopo che tutti avranno più o meno tentato di uscire dal mondo della pornografia, ne è la sublimazione,  quanto di più rassicurante e allo stesso tempo inquietante si possa immaginare, una specie di paradiso per vecchi pornografi, dove il tempo della giovinezza (reale o percepita) è fermo e si ripete all’infinito, il copione di un film seriale.

Nonostante la tematica “scabrosa” le scene hard sono praticamente inesistenti e costruite in modo assolutamente asettico, quasi fosse il punto di vista annoiato di chi lavora nell’ambiente tutti i giorni. La ricostruzione dei due decenni è assolutamente strepitosa sia nell’immaginario fatto di Corvette rosse, poster di  Al Pacino, kung fu, camicie di nylon, discoteche e night club che nella colonna sonora, straordinario mix della miglior disco music e del patinato rock dei primi anni ’80, con scelte assolutamente non scontate. Raramente un film è riuscito a ricostruire un periodo storico in modo così vivido e reale. Se vi è piaciuto il più noto Magnolia, Boogie Nights non potrà non entusiasmarvi.

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