
Blade Runner 2049 – Il Cerchio si Chiude. Forse.
Il 2017 sarà ricordato come l’anno del Revival per la fantascienza di Ridley Scott: dopo che Alien è ufficialmente tornato sulla scena con Covenant, riprende vita anche l’altro capolavoro del Maestro Britannico, solo che stavolta si limita a produrre, lasciando la regia ad uno dei più promettenti di Hollywood, ovvero il canadese Dennis Villeneuve.
Ambientato 30 anni dopo l’originale, questo sequel vede un nuovo Cacciatore di Replicanti, Il Blade Runner K (e, togliendo ogni dubbio rispetto al primo film, qui si tratta di un replicante al servizio della Polizia di Los Angeles, sempre più inquinata e lurida) alle prese con una missione unica: scovare l’unico figlio nato naturalmente da una donna replicante, per eliminarlo. Non sarà il solo: anche il suo creatore, Niander Wallace, potentissimo deus ex machina del nuovo ordine, e la sua sovrumana assistente Luv (naturalmente una replicante a sua volta) lo vogliono per dissezionarlo e scoprirne i segreti genetici.
Inutile dire che ancora di più rispetto ad Alien, di fatto più volte ripreso in una franchise non sempre di livello, Blade Runner era atteso al varco, vista l’aura quasi mitologica che circonda il visionario film uscito nel 1982 (peraltro, non un successo al botteghino), con il famoso monologo di Rutger Hauer (“ho visto cose che voi umani…”) forse le linee più citate di sempre da un’opera sci-fi, gli incredibili paesaggi cyberpunk, e la straordinaria commistione col genere noir, unica nel suo genere. In pratica, il primo film autoriale di fantascienza dopo 2001 di Kubrick del 1968.
Villeneuve è addirittura esegetico nel modo in cui riprende le fila del suo predecessore, sia a livello di immagini che di colonna sonora; quasi fosse un’evoluzione sia della fotografia, le immagini divengono meno claustrofobiche del primo, cosi come le sonorità simil-Vangelis che riesce ad imprimere Hans Zimmer (comunque originali, con l’eccezione di uno dei momenti più commoventi della pellicola). E tantissime le citazioni che Villeneuve tributa a Scott, a partire dai nomi , dalla situazioni, dai volti (su tutti la prostituta Mariette, impressionante il richiamo a Daryl Hannah del primo film). E cosi gli attori, Ryan Gosling francamente perfetto, Jared Leto enigmatico e semi-divino, ed i ritorni emozionanti dell’eterno Harrison Ford e persino del cameo di James Edward Olmos (che ci grazia di un origami riferimento sia al primo film che al libro di Philip K. Dick). Splendidi gli incroci ed i riferimenti letterari del libro, che caratterizzavano il primo film cosi come questo, una specie di Kafka ambientato nel futuro (non a caso il protagonista si chiama “K” come la seconda iniziale di Dick, ma anche come l’opera di Kafka), dove il/i protagonisti sono condannati a morte senza aver commesso alcun crimine, se non quello di ambire ad avere un’anima.
Fortunatamente per i tanti fan del primo film, un sequel attesissimo e temutissimo, ma riuscito, e senza cadere ne’ nella trappola del citazionismo, né in quella del vilipendio alla memoria; in più aggiungendo del nuovo e forse chiudendo un cerchio lungo quanto l’esistenza umana: cerchiamo uno scopo nella vita interrogando i nostri creatori, e se fossimo noi stessi lo scopo della vita? Miracolo. VOTO:8,5/10