Il Primo Re – C’era Una Volta Roma

Il Primo Re – C’era Una Volta Roma

Mai chiesti come fosse Roma prima che diventasse Roma? Ci pensa Matteo Rovere, al suo quarto lungometraggio, con la storia di Romolo e Remo, ottavo secolo a.C., pastori di pecore che prima vengono travolti dalla piena del Tevere, poi vengono catturati dagli abitanti di Alba, scappano alla guida di un manipolo di disperati, e infine finiscono col governare una piccola città fatta di capanne e fango. Romolo è ferito, Remo diviene la guida della tribù: ma incombe la predizione della vestale, uno dei due fonderà un impero al di là del fiume, ma dovrà uccidere l’altro…

Film crudo, sporco (nel vero senso del termine), spesso anti-epico, Il Primo Re è un film che ricorda una fusione tra Valhalla Rising, Apocalypto e The Revenant, per le tempistiche decisamente poco cinematografiche, per la forte commistione tra reale e magico che lo pervade, per i pochi dialoghi scarni in una lingua sconosciuta (in questp caso, in latino arcaico), per il gusto del sangue. Violento e tribale, ma proprio per questo, con un senso di realistico: sarebbe stato fin troppo facile ricreare una specie di Conan Il Barbaro de noantri (i presupposti c’erano tutti), ma invece Rovere sceglie la normalità dello stato primordiale, gli uomini alla mercè della natura (spettacolare la scena dell’esondazione del Tevere) e delle bestie (in primis, gli altri uomini), in fin dei conti senza mai esagerare  nell’esaltazione della violenza (come ad esempio capitava in Valhalla Rising, probabilmente il film a cui questo deve di più in termini di narrativa ).

Il film è tutto costruito dal rapporto dei due fratelli, Remo, il maggiore dei due, più forte, più carismatico e carico di furore mistico; Romolo, più fragile, ma anche più inclusivo, più leader e meno Dio, più dalla parte degli uomini, che alla fine ne riconoscono il valore di progresso rispetto all’altro (senza spoilerare niente, visto che la storia dei due fratelli è nota). Davvero bravi Alessandro Borghi e Alesso Lodice, più noto il primo, entrambi di estrazione TV (Suburra e Gomorra le loro interpretazioni più note), credibilissimi nel loro latino arcaico, che si muovono in un mondo fatto di paludi, di foreste impenetrabili, di un fiume che sembra un mare da attraversare, di piccole tribù e piccoli villaggi fangosi (peraltro, tutto ricostruito ad un’oretta di auto da Roma!). Un film che, bisogna dire, ha il pregio di non sembrare “italiano”, nel senso di provinciale; musiche di Andrea Farri decisamente interessanti, e mai invasive.

Non è un film che, a differenza della fondazione di Roma, passerà alla storia. Tanti gli spunti interessanti, tanti i momenti introspettivi, ma un po’ a metà strada tra Terence Malick (ad es. Il Nuovo Mondo) e il documentario di History Channel.  “Vorrei, ma non posso” è il pensiero che deve aver avuto Rovere più di una volta (almeno, è quello che abbiamo percepito noi).

Primordiale. VOTO: 7/10

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