Arrival – Incontri Ravvicinati, 40 anni dopo…

Arrival – Incontri Ravvicinati, 40 anni dopo…

Dopo i successi di critica che sono stati Prisoners (2013) e Sicario (2015), il talentuosissimo regista Dennis Villeneuve era veramente atteso al varco con questo suo primo approccio alla fantascienza, anche perché quest’anno replicherà la sua incursione nel genere con niente poco di meno che il seguito del cult dei cult di SF ovvero Blade Runner 2049.

Sono arrivati gli alieni sul pianeta, in 12 location distinte e distribuite su tutto il globo. Non si sa cosa vogliono, ma si interfacciano tranquillamente con gli umani, attraverso una parete che delimita la loro atmosfera. Enormi, misteriosi, dalla forma mai vista sulla Terra. Sono minacciosi? Sono pacifici? Cosa vogliono? Per quanto riguarda gli Stati Uniti, tocca al team condotto dalla linguista Louise Brooks e Ian Donnelly capire tutto questo. Le altre nazioni inizialmente collaborano, poi ognuno va per conto suo, divergenze e reciproci sospetti fanno sì che qualcuno decide che gli Alieni siano una minaccia e danno loro un ultimatum. Riusciranno la Brooks e Donnelly a decifrare il tutto prima che la Cina e la Russia (sempre loro…) diano seguito al loro ultimatum?

I richiami ad un capolavoro come Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo (uscito esattamente 40 anni fa) sono tanti e, per tanti versi, questo film di Villeneuve lo aggiorna, integrandolo con le preoccupazioni dello stato attuale del nostro pianeta, le cui divergenze tra nazioni sembrano peggiorare col passare del tempo. Da un punto di vista visivo, il film si muove sospeso in una perenne foschia, spesso fisica (metereologica, ma anche quella in cui vivono gli alieni) ma spesso anche simbolica, e che si addensa nella mente della protagonista, che ha misteriosi flashback su una una vita mai veramente vissuta. Senza anticipare niente… è una parte fondamentale del film.

Davvero mirabile come sia stato creato il nuovo linguaggio alieno, affascinanti la loro rappresentazione grafica circolare che, al di là della resa estetica, saranno una chiave di volta per capire la loro visione de mondo. Questo perché il linguaggio, come viene detto nel film, ma anche in numerose teorie, non solo descrive il nostro mondo (esteriore ed interiore), ma lo crea. o per dirla alla Nanni Moretti, “chi parla male, pensa male e vive male” (e viceversa, si spera, ma temiamo non sia proprio scontato) 

Anche da un punto di vista di musica e sonoro, il film si avvale di una colonna sonora rarefatta molto in linea con lo spirito del film, tanto che quest’opera è davvero notevole come linguaggio “non-verbale” (quasi un mete-esercizio) di coerenza narrativa; e molto buone le interpretazioni di Amy Adams, Jeremy Renner e di Forest Whittaker, ben affiatati.

Capolavoro dunque? No, purtroppo, e ci spiace davvero. Certo, non è un popcorn movie, quindi non aspettatevi spade laser ed inseguimenti in astronave; in effetti, proprio come Incontri Ravvicinati, si tratta di un film di SF quanto il più realistico possibile, e più volte, sembra un pretesto per raccontare altre cose: il linguaggio come chiave della civiltà e della collaborazione tra popoli, ma anche la fonte di tutti i malintesi, per citare Saint Exupery; la nostra limitazione come essere umani in un universo così vasto; e l’inevitabile ciclicità della vita, di ogni vita.

A questa profondità, però, manca una scintilla più emotiva e meno asciutta, quella che, per avvicinare questo stile così denso di non-detto, a quello di un altro grande, aveva un Terence Malick di qualche anno fa (non gli ultimi, però). Insomma, un po’ troppo irrisolto (e a volte troppo poco) per fare il salto.

Buone le premesse per il nuovo Blade Runner, ma ci aspettiamo di più. VOTO: 7/10

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