Argo – Più Reale della Realtà, più Finto della Finzione

Argo – Più Reale della Realtà, più Finto della Finzione

Stupefacente Ben Affleck. L’attore-regista nativo di Boston, dopo le ottime prove di Gone Baby Gone e The Town, stavolta ci propone l’incredibile storia (vera) della liberazione di un gruppo di ostaggi nel 1979, con una pellicola davvero notevole per lucidità e precisione. Siamo sotto la presidenza Carter, e la vita diplomatica USA viene scossa dall’Irangate, ovvero il rapimento dei dipendenti dell’Ambasciata statunitense da parte dei rivoluzionari khomeinisti… sei persone di queste, però riescono a sfuggire e a rifugiarsi in clandestinità presso l’ambasciata canadese e sarà il compito di Tony Mendez (Ben Affleck) trovare un modo per farli uscire dall’Iran… l’escamotage trovato è ingegnoso: i sei verranno fatti passare per una troupe cinematografica durante un sopralluogo di alcune location esotiche per un film di fantascienza, chiamato appunto Argo. 

La trama è talmente incredibile per essere realmente successa che già varrebbe la pena vedere questo film, ma cosa rende Argo davvero ottimo è la naturalezza e fluidità con cui Affleck dirige e racconta la storia di questo eroe di tutti i giorni, che fa dell’ingegno e dell’invisibilità le sue armi e della responsabilità la sua missione: Mendez lotterà per imporre le sue idee e anche quando tutto sembra compromesso, quando la burocrazia si mette incredibilmente di mezzo, la sua fede nel principio della giustizia diventa un faro per gli altri, e senza possibilità di gloria, visto che dovrà agire in clandestinità (i suoi meriti saranno resi pubblici nel 1999, venti anni dopo gli avvenimenti).

Davvero notevoli le interpretazioni di John Goodman e Alan Arkin nei panni dei cineasti che metteranno in piedi la messinscena ad uso e consumo dei media e che saranno l’esca persino per gli integerrimi funzionari iraniani, comunque “fascinati” dai miti patinati del Grande Satana a stelle e strisce. Ben congegnata la loro funzione dissacrante ma seria di professionisti dello showbusiness (con la mitica scritta “holliwood”  che cade a pezzi nello sfondo) in opposizione al serioso dilettantismo dei politicanti, all’interno di un racconto che è critica lucida e distaccata di certe politiche miopi che in quegli anni di piombo gettarono le basi per scavare un solco tra Occidente e Medio Oriente, purtroppo ancor oggi attualissimo.

A completamento di uno sviluppo teso, ma mai sopra le righe, una fotografia ed un’ambientazione che rievocano perfettamente la fine degli anni 70, ed una colonna sonora curatissima ed efficace. Ben Affleck combina gli stilemi di un Sidney Pollack con l’idealismo di Robert Redford e la capacità narrativa di Clint Eastwood, sintesi di una cinematografia matura ma comunque “mainstream” che dimostra come impegno e intrattenimento siano perfettamente compatibili. VOTO: 8,5/10

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