American Sniper – L’Ultima Vittima di una Sporca Guerra
Regista che in tarda età è divenuto prolifico come non mai, Clint Eastwood (politicamente uno dei pochissimi conservatori – moderato ad ogni modo- nel panorama di Hollywood) non poteva non dire la sua, sul momento e la guerra che per ora (e purtroppo) hanno caratterizzato il 21 secolo, ovvero la Caduta delle Torri Gemelle ed il conseguente dispiegamento di forze militari USA in Medio Oriente.
Lo fa attraverso gli occhi e la mira di un formidabile cecchino della Marina, Chris Kyle, da cowboy da rodeo a leader sul campo in Iraq, con 160 uccisioni confermate: la sua è la tipica storia americana del militare a stelle e strisce, con l’entrata sotto le armi, l’incontro con la futura moglie, i turni in missione, intervallati dalla nascita dei figli. Diventerà la Leggenda per i suoi commilitoni, ed il Diavolo di Ramadi per i suoi nemici. La sua missione più importante: abbattere Mustapha, il suo contraltare siriano.
Sono 3 le domande che vale la pena rispondere in questo film: a. ha ancora un senso produrre dei film sulla guerra in Iraq? b. ha senso questo contributo di Clint Eastwood? c. American Sniper merita la candidatura all’oscar?
Per ordine: ancora di più di quello che fu per gli Stati Uniti il Vietnam, cicatrice mai veramente riemarginata, e che sviluppò letteratura, musica, cinema e controcultura fino a buona parte degli anni ’90, la Guerra In Iraq sempre di più appare come la madre di ogni guerra sbagliata, con una serie di reazioni a catena , ultime dei quali Isis e vicenda Charlie Hebdo. Ora la domanda è: a cosa dovrebbe servirci un film sulla guerra che non sia semplicemente un action movie? Probabilmente a capirne le ragioni, comprendere il nostro passato per interpretare il nostro presente, forse riflettere su quale futuro ci aspetta.
Il che ci porta alla seconda domanda: Eastwood è già al terzo film che parla di un conflitto, i precedenti basati sulla seconda guerra mondiale, Lettere da Iwo Jima e soprattutto Flags of our Fathers, di cui American Sniper sembra quasi la continuazione naturale, con la retorica del patriottismo come difesa di un sistema valoriale spesso in contraddizione con se stesso (ed il finale è assolutamente emblematico). Il film alterna la crudezza della guerra (incluso le uccisioni più o meno accidentali di civili) alle scene di ritorno a casa del “guerriero”, che tuttavia sarà posseduto dal desiderio di essere in mezzo all’adrenalina del conflitto. American Sniper è sufficientemente originale? Qui la risposta è facile: no. Tra il realismo di Redacted e The Hurt Locker, l’analisi politica di Zero Dark Thirty e Lions For Lambs, la vita dopo/oltre la guerra di Nella Valle di Elah e The Messenger, tutto sembra più o meno visto in questo film. Intendiamoci, non è che l’originalità sia tutto in un’opera… e se la sceneggiatura non è così nuova, che dire della qualità delle interpretazioni e della narrativa? American Sniper è veramente da Oscar come è stato appena candidato?
Fotografia buona, soprattutto nelle battaglie, interessante la scelta di non avere nessuna musica, se non solo percussioni (scelta molto particolare per il regista, che ha sempre avuto nello score musicale un punto di forza). Lo sviluppo è reso interessante dalla crescente bramosia per Kyle di sconfiggere il suo antagonista, novello Achab disposto a sacrificare tutto (il proprio plotone, il tempo con la famiglia, la propria vita) pur di abbattere il suo Moby Dick. Certo, l’interpretazione di un Bradley Cooper particolarmente pompato e non particolarmente espressivo poteva essere decisamente migliore (per quanto ci si potesse aspettare da un attore a nostro avviso non straordinario), anche perché il resto del cast è virtualmente inesistente come spessore.
American Sniper rimane dunque, alla luce dei fatti, un buon prodotto artigianale da parte di Eastwood, solo parzialmente riscattato da un finale significativo, con il pregio di offrirci un punto di vista onestamente conservatore (che siate d’accordo o meno con questo tipo di retorica… unica sbavatura: la pallottola finale alla Matrix) sulle motivazioni di chi sceglie di andare in guerra. Lontanissimo da altro materiale da Oscar del buon Clint come Gli Spietati, Gran Torino, Mystic River… Ben eseguito, poco ispirato. VOTO: 7/10