
Alien Covenant – Ritorno al Paradiso Perduto
5 anni dopo Prometheus, Ridley Scott torna sul luogo della su creazione più famosa, a quasi quarant’anni da Alien, uno dei film di fantascienza più influenti di tutti i tempi. Commistione di SF e horror, quel film aveva creato uno stuolo di sequel, imitazioni fino a tempi recenti (Il recente Life per esempio), e tanti interrogativi, solo qualcuno di questi risposto, e molti altri sollevati proprio in occasione di Prometheus.
“Covenant”, oltre a significare Arca Dell’Alleanza, particolare non secondario nell’economia del film, è l’astronave che sta portando oltre 2000 coloni su una nuova Terra; solo il computer di bordo e l’androide Walter la guidano. Ma un incidente, li costringe a svegliare l’equipaggio… e un segnale non troppo lontano, convincerà il capitano a deviare per trovarne la fonte… Ricorda qualcosa? Troveranno un pianeta quasi perfetto, ma senza vita animale. O sì? Chi c’è ad aspettarli?
Alien Covenant è il secondo di una nuova trilogia di Alien, e stavolta, per la gioia dei fan, molto più affine alle tematiche originali, laddove Prometheus aveva espanso molto il concetto dello Xenomorfo (come viene classicamente chiamato il mostriciattolo creato nel concept da HR Giger, scomparso lo scorso anno), inserendolo in una tematica molto più metafisica: chi ci ha creato?
Domanda che viene rivolta proprio nel prologo del film dall’androide David al suo creatore Weyland e che, in modo molto laterale, fa pari con il prologo di Prometheus, dove erano i nostri “ingegneri” a fare intuire come creavano nuove forme di vita. Peraltro, già in questo prologo, il film cita in continuazione non solo la franchise di Alien, ma anche l’altro opus magnum di Scott, ovvero Blade Runner: non solo l’occhio iniziale, ma il dialogo del prologo sembra veramente tratto dall’incontro tra il replicante e il suo creatore del film del 1982, quasi come se Scott avesse fuso insieme i concept. L’ingegnere ha creato l’Uomo, L’Uomo ha creato l’Androide… ma chi ha creato lo Xenomorfo? Preparatevi a ricevere un po’ di risposte.
Pieno zeppo peraltro di citazioni (per la gioia dei fans che si divertiranno a compilare le easter eggs), Scott richiama anche molto l’Aliens di James Cameron, con una caratterizzazione dei personaggi e del mood visivo, tutto sommato molto più simile a quella del suo successore (si sta ancora dibattendo quale dei due sia stato migliore); a questa aggiunge l’estetica mitologica/divina vista in Prometheus e tanto gore e splatter, a volte pure in eccesso. Ritornano infine le musiche originali di Jerry Goldsmith, sempre evocative. Niente da dire: è un blockbuster a tutti gli effetti.
Menzione finale per gli attori. Se Katherine Waterston (Daniels) energica e tenace, è una discreta erede di Sigourney Weaver (ma non al suo livello, togliamo subito i dubbi), ottimi i contributi di Billy Crudup (il capitano Oram, uomo di fede e forse proprio per questo autore di cattive decisioni), di Danny McBride (Tennessee, il più umano e commovente) e soprattutto di Michael Fassbender, nel duplice ruolo degli androidi David (esteta fascistoide – non a caso apprezza Wagner (!) – e bugiardo) e Walter (integerrimo e dedicato): impressionante la caratterizzazione dei due (bellissima la scena del flauto e splendidi alcuni dialoghi tra di loro), sarebbe sorprendente se non ricevesse una nomination agli Oscar.
Tiratissimo, forse un tantino eccessivo, Alien Covenant non tradisce le attese. Certo, i primi due Alien avevano un altro appeal, del resto cosa non è stato già visto oggi? Ma se di replicanti stiamo parlando (per rimanere in tema), questo è certamente di grande qualità e impatto…. Ottime le premesse e le promesse delle scene finali, in vista del terzo ed ultimo episodio. Lunga vita a Sir Ridley. VOTO: 8/10