
A Torto o A Ragione (2001)
Zeitgeist (“spirito del tempo” in lingua tedesca) è un’espressione adottata nell’Ottocento che indica la tendenza culturale predominante in una determinata epoca, ma anche una sorta di movimento intellettuale che risveglia un interesse o innesca questioni in un determinato periodo come un osmosi, una ricaduta che parte da una sorta di coscienza collettiva, un ipotetico centro del pensiero umano. Per quale motivo nasca, non si sa. Emulazione? Evoluzione? Mero adattamento?
Il periodo è il regime nazista tra il 1933 ed il 1945: periodo in cui molti artisti, scienziati, persino religiosi, decidono di dividere il proprio ambito da quello politico. In Germania a tutti coloro che in qualche modo rappresentano una punta di diamante della cultura tedesca e che decidono di rimanere in patria, viene garantita una vita di privilegi e tutto sommato immunità dal regime stesso, che si accontenta di poterli iscrivere al partito Nazista o addirittura annoverarli tra i non-oppositori. Questo provoca un vero e proprio spartiacque, tra chi se ne va (in genere Stati Uniti) e chi rimane (ovviamente tra i non-ebrei, ai quali questi privilegi non possono essere concessi). Tra questi, uno dei Direttori di Orchestra più famosi del tempo, Wilhelm Furtwangler (nel film, Stellan Skarsgaard, credibilissimo ed attonito nella sua “purezza” chissà quanto sincera). Così però non sarà con la caduta del regime, laddove gli Americani vorranno far piazza pulita di tutti coloro che hanno collaborato attivamente con Hitler ed i suoi seguaci: a verificare quanto Furtwangler sia stato nazista o meno, viene chiamato Steve Arnold (un Harvey Keitel in forma smagliante, forse la sua migliore interpretazione), perito delle assicurazioni del Midwest in patria, e qui feroce ed accanito inquisitore.
A Torto o a Ragione di Istvan Szabo compone con Amen. di Costa Gavras e Copenhagen di Howard Davies (ma basato sull’incredibile piece teatrale di Michael Frayn) un trittico di film di tre registi diversi ( e tutti curiosamente usciti tra il 2001 ed il 2002… a proposito di Zeitgeist!) che esaminano la responsabilità di chi doveva e poteva guidare gli altri ad opporsi ad uno dei peggiori regimi politici di tutti i tempi. Qui si parla di artisti, Frayn di scienziati durante le ricerche sugli ordigni nucleari; Costa Gavras della Chiesa Cattolica e le proprie scelte sulle persecuzioni anti-semite.
Ma è davvero così? Chi ha del talento o della vocazione ha il compito di risvegliare E guidare le masse contro il regime? O e immerso nel proprio tempo e ha la mera responsabilità di essere intellettualmente onesto? E non è forse la storia dei vincitori a determinare quale sia il regime da abbattere? Si può fare la cosa giusta dalla parte sbagliata e la cosa sbagliata dalla parte giusta? E davvero le masse possono dire di non sapere o aver saputo? Si può invocare l’ignoranza di fronte alla storia, alla giustizia, all’umanità?
A rendere memorabile e significativo il film, il confronto tra uno Stellan Skarsgaard attonito, altero, presuntuoso, nobile, idealista, ma anche soggetto a pregiudizi e peccati come ogni essere umano, ed infine umiliato; e un Harvey Keitel, sgradevole e rozzo, ma portatore di verità, mediocre massacratore di semidei di talento, ma ineccepile nella visione complessiva. Nessuno dei due sincero fino in fondo, immerso nella propria umanità, responsabile delle proprie scelte.
Imperdibile la chicca finale, un filmato del Furtwangler originale nel momento topico del concerto in onore di Hitler. Risonante.