A Quiet Place (Un Posto Tranquillo) – Nel Midwest Nessuno Può Sentirti Urlare
Prima di diventare il nuovo Jack Ryan (dopo Alec Baldwin, Harrison Ford e Chris Pine) in una serie TV, John Krasinski dirige il suo secondo film, un horror classico e claustrofobico dalla trama asciutta: gli alieni hanno invaso il pianeta e sterminato la maggior parte della popolazione, si tratta di predatori rapidissimi e letali, ciechi ma capaci di sentire il minimo rumore. Gli esseri umani che sopravvivono, lo fanno in pieno silenzio. Gli Abbott sono una famiglia nel Midwest americano che ormai convivono con questa situazione, generalmente in casa, ma che si spostano cercando di essere i più silenziosi possibile: padre, madre, figlio, figlia (sordomuta) e… una in arrivo (commento: ma in una situazione del genere, non potevano stare attenti?)
Questo è un film davvero in controtendenza rispetto ai trend attuali di Hollywood del genere: breve, con un dialogo all’osso, molto più incentrato sulla tensione rispetto allo splatter. Lo sforzo di sintesi è davvero notevole, e va ad onore di sceneggiatore e regista: tagliato completamente il “come” siamo arrivati a questa apocalisse (grazie ad alcuni ritagli di giornale), sviluppo ridotto ai momenti salienti con un ottimo sviluppo narrativo, e finale che anticipiamo essere aperto, minaccioso e pieno di speranza.
Bravi gli attori principali, che sono il regista John Krasinski e la moglie sulla scena e nella vita Emily Blunt (forse alla sua migliore interpretazione), nonché la giovane attrice realmente sordomuta Millicent Simmonds, sono estremamente credibili ( e ci sono scene di una tensione pazzesca come quella in cui l’alieno si avvicina alla Blunt nella vasca mentre sta per partorire, o ai bambini immersi nel grano del silos). L’alieno è spaventoso e incomprensibile al livello giusto.
Ultraclassico, nel senso che ha preso il meglio di tanta buona fantascienza made in USA, A Quiet Place ci ha ricordato una efficace fusione tra La Guerra dei Mondi e un episodio de Ai Confini Della Realtà, nonché Signs di Shyamalan, asciutto, cupo, sospeso. Forse si presta meno bene di quanto pubblicizzato ad alcune metafore sulla famiglia moderna (accerchiata da molti “mostri” che non aspettano altro che tu ti esponga – sui social, politicamente, pubblicamente…), ma nella sua lettura principale ci è comunque parso un film per il suo genere molto soddisfacente. Avrebbe potuto avere un altro spessore? Probabile, avrebbe avuto bisogno di uno sviluppo meno lineare; ma anche l’umiltà di essere un quasi esordio cinematografico va apprezzata: e quello che gli manca in originalità, Il film lo compensa con l’appropriatezza. Non poco. E dire che Krasinski aveva rifiutato inizialmente il film, in quanto non era convinto del genere horror/sci-fi, a suo avviso troppo fuori personaggio per lui: invece, prima lo ha accettato come attore, poi come regista ed infine ha pure coinvolto la moglie Emily Blunt per la parte principale. Quando si dice buona la seconda. VOTO: 7/10